venerdì 29 giugno 2018

Steve of the black hole - Addio a Soto il bassista degli Adolescents

Steve Soto, il bassista degli Adolescents (ma anche degli Agent Orange e di molte altre band) morto a 54 anni l'altro giorno, è un altro dei miei eroi del punk che se ne va nel quasi totale disinteresse generale. Certo, a piangere la prematura dipartita di Steve, nel solito giro, siamo stati in tanti per fortuna, ma credo che soltanto Rolling Stone Usa abbia scritto qualcosa di più di due semplici righe di commiato per commentare questa ennesima terribile notizia. Eppure gli Adolescents sono stati un gruppo capitale per la storia della musica. Non solo per il punk e l'hardcore. Il loro primo disco omonimo è una pietra miliare del "rock" citata come fonte di ispirazione da tantissimi musicisti blasonati (Green Day e Blink 182, tanto per dire). Ma che ci volete fare? La vita è ingiusta e, nel caso di Steve, purtroppo, persino troppo corta.
Anche senza tributo maistream post mortem, però, Soto resterà comunque un punto di riferimento imprescindibile per migliaia di persone. E già questo non è poco, per un ragazzino sovrappeso di origine messicana che, appena sedicenne, si unisce a una banda di teppisti per formare un gruppo punk nel sobborgo di Fullerton, in piena Orange County, una delle contee "bene" della California del sud in cui viveva (e vive ancora) una borghesia reazionaria e muscolare, che ha davvero poco a che fare con certa musica e le cosiddette sottoculture. E' il 1979 e Steve, insieme agli amici Mike Palm e Scott Miller mette in piedi gli Agent Orange, un trio che mescola i suoni dirompenti del punk alle ipnotiche trame surf. Un mix perfetto e inedito, capace di partorire un singolo stupendo come "Bloodstains" e un disco solido come l'esordio "Linving in darkenss" del 1981. Ma Steve non è accreditato in quei due pezzi di vinile perché ha già lasciato da qualche mese la band, visto che gli altri due non vogliono suonare le canzoni che scrive. A un concerto fa amicizia con Tony Brandenburg (il futuro Tony Cadena) e i due decidono di fondare un gruppo punk. Assoldano un po' di gente, fra cui Frank Agnew, fratello minore di Rikk, un tipo poco raccomandabile che suona nei Social Distortion e nei Detours (inutile dire quale delle due band passerà alla storia) e che presto si unirà a sua volta alla band. Nella loro fase iniziale gli Adolescents fanno qualche piccolo concerto sfigato e registrano un demo. Il suono è bruciante e sporco, ma bisogna attendere l'arrivo dei due "vecchi" Casey Royer e, appunto, Rikk Agnew perché il gruppo trovi la propria strada. I nuovi arrivati portano in dote pezzi stratosferici come "Amoeba" e "Kids of the black hole" (minchia!) e contribuiscono a forgiare un suono unico che sarà quello impresso a fuoco nel primo disco omonimo della band, pubblicato nel 1981 dalla Frontier. Qualcuno lo chiama beach punk e cioè il punk-rock suonato lungo la costa californiana, che oltre a incorporare elementi surf come già avevano provato a fare gli Agent Orange radicalizza il punk-rock di gruppi come Ramones, Sex Pistols o Avengers (giusto per rimanere più o meno in "zona"), aumentandone la velocità e la violenza. Molto più semplicemente si tratta di hardcore, anche se infiltrato da una potente vena melodica. A tenere in piedi le fondamenta di questi pezzi immortali è proprio il basso suonato a mitraglia da Steve Soto, che con la sua voce potente e pop (il suo primo amore sono stati i Beatles) è anche l'artefice - insieme a Rikk - dei cori epici che accompagnano i pezzi: un vero e proprio marchio di fabbrica della band (secondo me i Bad Religion di "Suffer" e "No Control" si sono ispirati parecchio agli Adolescents per coniare la loro personalissima formula di hardcore melodico). Ma come accade spesso il sodalizio dura lo spazio di qualche mese. La band fa in tempo a pubblicare ancora un ottimo ep, "Welcome to reality" e poi si scioglie. Ognuno per la sua strada (e quella di Rikk sarà lastricata di capolavori, ma ne ho già parlato qualche anni fa proprio da queste parti). Steve, a quel punto, si unisce ai Legal Weapon, un'interessante punk band della California del sud guidata dalla cantante Kat Arthur. Alla chitarra c'è il fido amico Frank Agnew e con questa formazione, nell'82, pubblica il disco "Death of innocence". Passa qualche anno è arriva la reunion degli Adolescents con la formazione originale che, nel 1986, porta alla pubblicazione di "Brats in battalions": i pezzi sono meno iconici e fulminanti rispetto all'esordio e il suono dell'album risente un po' dell'indurimento generale dell'hardcore, che in quel periodo sconta parecchie influenze heavy metal. "Brats", anche se non passerà alla storia, resta un album interessante, ma a spadroneggiare sono la chitarra di Rikk e la voce di Tony (Steve invece resta più sullo sfondo). Anche dopo questo secondo album però la band implode e Soto e Rikk Agnew decidono di prenderne le redini per tentare di tenerla ancora in piedi. Si dividono i pezzi da scrivere e da cantare e pubblicano il disco "Balboa fun*zone" (1988), ancora più metallico e violento rispetto al suo predecessore. Siamo alla fine degli Anni Ottanta, l'hardcore è praticamente defunto - anche se in California continua a tenere botta - Steve saltella da un gruppo all'altro e fonda i Joyride, dove canta e suona il basso e con i quali incide due album molto melodici, in bilico fra pop-punk, new wave e alcune incursioni country, genere che ama da sempre (come dimostrerà un suo progetto di qualche anno fa). Soto fa in tempo a suonare anche in un disco di cover con gli ex Adolescents ("Pinups", nome sia dell'album sia del progetto estemporaneo messo in piedi nel 1992) e poi finisce per riscoprire le sue radici messicane con i Manic Hispanic, una band che coverizza storici pezzi punk in chiave mariachi, modificando testi e titoli. Pur essendo nato per scherzo il gruppo va avanti per parecchi anni, fino alla seconda e definitiva (visto che dura tuttora) reunion degli Adolescents del 2005. Prima di rimettersi insieme ai vecchi amici di sempre Steve Soto fa in tempo a imbarcarsi, insieme a Melvin dei NOFX e altri senatori del punk californiano, nel progetto punk karaoke, culmine di un periodo in cui il nostro si è divertito a suonare i pezzi delle sua formazione musicale. I riformati Adolescents incidono subito un nuovo disco, la cui uscita è anticipata da una performance pazzesca alla House of  Blues (ho il dvd e devo dire che rivedere Rikk molto più ciccione di Steve mi ha fatto una certa impressione). L'album, intitolato, "O.C. confidential" suona melodico e abrasivo, ha pezzi veloci e di grande impatto e non tradisce le aspettative. Da quel momento il basso e i cori di Steve tornano in pianta stabile al servizio degli Adolescents (anche se non rinuncia a qualche interessante progetto parallelo, compresa la collaborazione con CJ Ramone). Soto in questo periodo pare abbastanza in forma, ha perso persino qualche chilo e per oltre 10 anni si butta in lunghi tour insieme alla sua storica band. Il gruppo passa più volte anche dall'Italia (erano previste alcune date alla fine del mese prossimo, ma a questo punto direi che verranno cancellate). La prima volta che gli Adolescents hanno suonato qui da noi era il 2008, visto che il tour che doveva farli esordire in Europa alla fine degli Anni Ottanta venne cancellato e furono rimpiazzati, all'ultimo minuto, da un gruppo che all'epoca quasi nessuno conosceva: i NOFX... Io ricordo per esempio un concerto memorabile nel 2009 alla Spezia con Leeches e Fall Out di spalla. E ho ancora ben chiara l'immagine di Steve che, come un gigante buono, suona il basso e fa i cori, sfoderando un sorriso pacifico e divertito. I nuovi Adolescents incidono altri 4 dischi, ma devo dire che, dopo il successore di "O.C. confidential", il discreto "The fastest kid alive", ho smesso di comprarli. Le canzoni sono prodotte meglio e il suono è più pieno e dirompente rispetto agli esordi, ma è indubbiamente meno ispirato. Ecco, volevo parlare di Steve Soto e ho finito per fare un pippone sugli Adolescents. Ma era inevitabile. Da qualche anno Steve, insieme all'inseparabile Tony, era l'unico membro originale del gruppo. E adesso, che se n'è andato nel sonno in una notte di inizio estate, chissà che ne sarà di questa band di cinquantenni capace di far battere il cuore anche a chi, come me, ha quasi tanti anni come il loro primo, bellissimo, disco.






giovedì 7 giugno 2018

Un po' di recensioni a babbo 6/ Le bellezze di Area Pirata e l'ignoranza dell'Alcalde

Ok dopo questo sesto post della serie "Un po' di recensioni a babbo" prometto che mi impegnerò a buttare giù anche qualcosa di più articolato. E magari tenterò di essere persino un po' più attivo. Ma visto che, nel frattempo, mi sono capitati sottomano un po' di dischetti niente male beccatevi ste recensioni a babbo, va'


The Mads - The orange plane
I Mads non sono solo una storica band mod revival italiana, sono probabilmente la prima band mod revival italiana. Si sono formati nel 1979, quando da noi il punk era ancora un oggetto misterioso - sarebbe realmente esploso nell'80, a parte i soliti pionieri - e dei Jam si sapeva poco e niente. Purtroppo, come accade spesso ai precursori, la band milanese durò lo spazio di qualche anno (fino al 1983), lasciando pochissime tracce di sé. Qualche tempo fa però ecco la svolta: alcuni storici pezzi dei Mads vengono finalmente pubblicati, la band si riforma, scrive alcune nuove canzoni e inizia a suonare in giro (mi è capitato di vederli pure a Genova e ne sono rimasto folgorato). Oggi, dopo sei anni di attività e una manciata di ottimi singoli, i nostri sono arrivati al traguardo del disco sulla lunga distanza. A pubblicarlo è - naturalmente - Area Pirata che li ha seguiti passo passo in questa seconda visita musicale. "The orange plane" è un album dai perfetti incastri pop, forte una spiccata vena anni Sessanta, ma con uno sguardo attento al mod revival dei primi Ottanta e al power-pop di quegli stessi anni. Anche perché questi due "generi", soprattutto all'inizio, si sono molto spesso contaminati e sovrapposti, regalandoci grandi band e ottimi dischi. E i Mads si infilano proprio in questa illustre tradizione. "The orange plane" è ricco di melodie limpide, chitarre pulite, armonie vocali irresistibili e coretti. Un disco perfetto per l'estate, curato nei mini particolari, grazie anche a degli ottimi arrangiamenti. Sarà difficile scollarlo dallo stereo o dall'autoradio. Gioielli di tale caratura sono sempre più rari.



Killer Klown - Crappy Circus
I Killer Klown sono sempre stati una band disturbante. E lo confermano anche oggi, a 24 anni di distanza dalla loro prima prova in saletta e a 7 anni dall'ultimo album "Born to rock!!!". "Crappy circus", infatti, pubblicato da Area Pirata, è una poltiglia maleodorante di musica fragorosa e dissonante, una raccolta di canzoni sporche e urticanti dal sapore garage-punk. Stooges e Cramps, come dice la scheda di presentazione del disco, sono sicuramente i numi tutelari dei Kliler Klown, ma dentro le pieghe di questo marcissimo lp dai suoni deraglianti si sente anche una pesante influenza di tutto quel microcosmo di band urgenti e deliziosamente scalcagnate che Lenny Kaye aveva raccolto nella compilation Nuggets quasi 50 anni fa (era il '72, gente). Question Mark and the Mysterians e The Seeds sono i primi nomi che mi vengono in mente, anche per quel retrogusto "oscuro" che sapevano imprimere al loro rockn'roll carvernicolo e che la band torinese riesce a restituirci con una buona dose di personalità. Un impasto delirante e dolcemente rumoroso, con l'organo suonato a cannone, come fosse una chitarra elettrica. L'unico pezzo che non mi convince appieno è l'incipit "Circus", una lunga intro claunesca che si trascina per troppo minuti. Il resto dell'album però è un frutto golosissimo di punk putrescente lanciato a mille.


The Celibate Rifles - Roman beach party
L'Australia è sempre stata una terra fertile per il rock'n'roll. E non parlo solo di gruppi blasonati come gli AC/DC (che a me, detto francamente, non fanno manco impazzire). Mi riferisco a una messe di band incredibili come Saints, Radio Birdman (comprese tutte le loro emanazioni, dai New Christs ai Visitors) e all'incredibile scena degli Sharpies. Insomma quando un gruppo rock arriva dalla terra dei canguri, solitamente, c'è parecchio da godere. E anche i Celibate Rifles non fanno eccezione. Magari sono meno blasonati dei loro già citati contemporanei Saints e Radio Birdman, ma comunque restano uno vero e proprio punto di riferimento per la scena figlia del punk che si è sviluppata negli anni Ottanta in Australia. "Roman beach party", loro quarto album fuori catalogo da tempo e ristampato dai ragazzi di Area Pirata con tanto di note e intervista esclusiva a Kent Steedam e Damien Loverick a cura dell'ottimo Roberto Calabrò - che conosce a fondo la materia e ha scritto un libro capitale come "Eighties Colours" - suona fresco e ruspante come se fosse stato inciso oggi. Lunghe schitarrate rock, quasi desertiche, si alternano a pezzi adrenalinici figli del punk 77. Perché il bello dei Celibate Rifles è che appena pensi di averli inquadrati estraggono fuori dal cilindro un pezzo come "Ocean shore": indolente, velenoso e tribale come "Dirt" degli Stooges. "Strange days, strange nights" è invece un brano punk costruito su un riff minimale che non ti si stacca dal cervello, mentre l'apertura del disco (questa ristampa è un lussuoso vinile 180 grammi con copertina apribile) è affidata all'assalto di "Jesus on tv", puro rock australiano deviato. E se "(It's such a) wonderfull life" ha un ritornello melodico piuttosto immediato e una strofa alla Sex Pistols, il finale strumentale affidato a "Frank Hyde (Slight return)" riesce a ipnotizzarti dal primo all'ultimo minuto. "Roman beach party" è uno di quei dischi perduti, che per troppo tempo sono rimasti un piccolo culto per una manciata di appassionati. Se i giovani punk degli anni dieci (sempre che esistano) vogliono trovare le radici di ciò che ascoltano si procurino questo disco stellare e lo sentano fino alla nausea, come se fossimo nel 1987. 

Alcalde de la noche - Direcciòn Destroy
Attenzione capolavoro. E non è perché Michele e Fabio (la voce e le basi che animano questo strampalato progetto musical-situazionista) siano due miei grandi amici. Lo dico perché mi pagano a peso d'oro. Giusto l'altro ieri ho ricevuto un bonifico sul mio conto alle Cayman di 1235432 milioni di euro e adesso sono pronto a tessere le lodi di questo disco. "Direcciòn Destroy" è la roba più assurda e divertente che vi possa capitare di ascoltare da qui ai prossimi mesi. E' il disco dell'estate per eccellenza, anche se dell'85 in Italia o del '92 in Spagna. Le canzoni, sei perle di italo disco che citano senza pensieri i Righeira e i Fratelli La Bionda, mescolano dance vorticosa a liriche in spagnolo. Ma la cosa più assurda, insensata e al tempo stesso pazzesca è che i testi di ciascun brano sono un omaggio alla Spagna degli anni ottanta-novanta e alle storie di sballo e di tamarri che tra Valencia, Benidorm e la Costa Blanca hanno animato una delle stagioni più spensierate del post franchismo. La generazione di discotecari che cavalcava le onde della dance 25-30 anni fa era quella nata alla fine delle dittatura ed era ricca di personaggi, luoghi e situazioni diventate dei veri e propri simboli nel corso degli anni. E così il nostro sindaco della notte Michele (l'alcalde, appunto), con fascia tricolore e occhialini 3d, ha deciso che, invece, di sparare le solite cazzate in spagnolo maccheronico su una base danzereccia, sarebbe stato più interessante scrivere dei pezzi con testi più articolati; lasciando a Fabio il compito di sfornare le suddette basi danzerecce con il suo proverbiale tocco pop. Il risultato è una roba tamarisssima, ma dannatamente divertente. Un disco da ballare fino a vergognarsi si se stessi. Tanto che sarebbe bellissimo se l'Alcalde spopolasse veramente nelle discoteche di tutta Italia e facesse muovere il culo e le braccia a migliaia di truzzi (veri) che, puntualmente, ogni estate, si mettono la camicia bianca aperta fino a metà, si impiastricciano di gel puzzolente i capelli pettinati a corona e indossano scarpe sportive da 500 euro sull'unghia minchia zio. Sarebbe una cazzo di vittoria per tutti se Michele e Fabio sbancassero il banco e facessero seriamente il botto. D'altra parte questo disco ha pezzi da sturbo come "De fiesta en Benidorm" (la base è stupenda) e "Yo soy un quinqui" (che tra l'altro si porta dietro una storia pazzesca sui piccoli delinquenti che trent'anni fa, per una stagione, misero a ferro e fuoco la Spagna). Lasciatevi travolgere dall'ignoranza più pura e pompate al massimo l'album dell'Alcalde! https://alcaldedelanoche.bandcamp.com/releases