lunedì 14 dicembre 2020

Il disco perfetto per il cimento invernale è quello dell'Alcalde de la noche

Lo so, il mio grado di latitanza da questo blog è pari solo alla mia pigrizia nel trovare sempre la scusa migliore per giustificarmi. È anche vero, però, che le cazzate che scrivo qui interessano a ben poche persone, quindi faccio ammenda con i miei due lettori scalcinati e prometto un dicembre con un po' di aggiornamenti (anche perché le cose da scrivere sono parecchie, purtroppo per voi). Inizio quest'ennesima ripresa con il recupero di una recensione dell'ultima fatica dell'Alcalde de la noche, che sarebbe dovuta uscire ad agosto su Go-Go zine. Ma visto che il sito è in stand by da qualche mese e lo stesso Alcalde mi ha minacciato più volte di improvvisare un concerto notturno sotto casa mia sfidando il coprifuoco, ho deciso di pubblicarla qui, modificando solo qualche tempo verbale. Beccatevela e recuperate questo dischetto tamarro e golosissimo 

Alcalde de la noche - Fantasía Ibiza

Anche se l'estate è finita da un pezzo, il disco perfetto per il cimento invernale è senza dubbio "Fantasía Ibiza", il nuovo ep dell'Alcalde de la noche, che segue di un paio d'anni lo sfavillante esordio "Direccion Destroy". Prima di continuare con i miei sproloqui, però, sono necessarie alcune premesse: prima di tutto l'Alcalde è un progetto musicale che vede coinvolti due storici agitatori dell'underground genovese: Michele (voce, basi e testi) e Fabio (basi). Il primo con un background più psichedelico e anni Settanta, il secondo con una lunga militanza nella scena punk cittadina, senza mai nascondere però un forte amore per l'elettronica. Il risultato è una splendida tamarrata da farvi rizzare i peli sotto le ascelle. L'Alcalde de la noche, infatti, non sembra avere alcun legame con il passato musicale di Michele e Fabio - ma è decisamente figlio della loro totale anarchia creativa - e suona come un omaggio a cuore aperto all'italo disco più sfrenata e caciarona (Fratelli La Bionda e Righeira su tutti), con un pizzico di techno e dance anni Novanta. I testi sono in spagnolo (Michele ha vissuto nella penisola iberica una decina d'anni e quindi la pronuncia doc è assicurata) e parlano della vita dei giovani dell'era post franchista (soprattutto anni Novanta), tra vecchie leggende, personaggi, "bande giovanili" e tribù assai particolari. "Fantasía Ibiza" è un concept nel concept, perché oltre a continuare a raccontare, a colpi di synth e ignoranza, questo periodo piuttosto intenso della storia spagnola, si concentra sull'isola di Ibiza, regno degli sfattoni e dei discotecari, ma anche degli hippie e dei dissidenti del franchismo. Fattanza e libertà, insomma, giusto per parafrasare un bellissimo film di Ken Loach sulla guerra civile spagnola uscito, guarda caso, nel 1995.

I brani di questo secondo ep sono 5 e hanno tutti una diversa storia da raccontare. La title track, che parte con un ritmo martellante come il cuore di un truzzo pieno di napalm, è dedicata a coloro che per tutto l'anno sognavano le due settimane di balli sfrenati e vita al limite che avrebbero trascorso a Ibiza. La voce di Michele è profonda e quasi dark, ma il ritornello è un vortice irresistibile che ti brucia il cervello come un trip. "Come siempre en el Pacha" è un omaggio alla nota discoteca delle ciliege (il Pacha, appunto), che anche un vecchio punk sulla soglia dei 40 anni come il sottoscritto ha sentito nominare almeno una volta nella vita. La base è più eterea e lo-fi, mentre Michele salmodia come un Giovanni Lindo Ferretti con la felpa dell'Essenza.

L'inizio ipnotico della "Ruta de las rulas", terzo pezzo in scaletta dell'ep, è un'ode agli impasticcati, che per reggere giorni e notti di balli  sfavillanti si "mangiavano" di tutto. La melodia della base richiama tantissimo la dance anni Novanta, con quelle sue aperture verso lo spazio infinito e l'incedere etereo. Per me resta il pezzo forte del disco. Ottima anche la voce di Michele, grazie a un'interpretazione mai sopra le righe e ricca di pathos. I tramonti coloratissimi e suggestivi di Ibiza sono il tema principale de "La puesta del sol", la ballad dell'ep. Anche qui l'influenza della dance di una trentina di anni fa è piuttosto forte, grazie a una bellissima melodia che si insegue per tutto il brano. Chiude l'ep "Italianos dance", che strizza l'occhio all'italo disco vecchia scuola. Michele canta in spagnolo maccheronico sciorinando una serie di luoghi comuni degli italiani a Ibiza, cercando di imitare i tic e la parlata dei tamarri di periferia che, negli anni Novanta, sbarcavano sull'isola spagnola in cerca di chiavate facili e divertimento. La base ha in sé qualcosa di epico e cresce di intensità insieme al brano. Il finale è brusco, come l'atterraggio quando si torna a casa da una vacanza a base di edonismo e devastazione.

Come i più sagaci di voi avranno intuito non si tratta del classico disco punk che recensisco abitualmente. Anzi la musica in questione è la tanto vituperata dance, che odiavamo da ragazzini. Personalmente, però, trovo che sia molto più punk un disco assolutamente fuori moda (e fuori di testa) come questo, rispetto all'ennesima band fotocopia di NOFX e Rancid. Anche perché se avete ascoltato i Sigue Sigue Sputnik e certa elettronica fatta in casa, forse l'Alcalde de la noche non vi sembrerà poi così alieno (ma se così fosse sarebbe un altro punto a suo favore). Non dimenticate, poi, che punk vuol dire soprattutto fare ciò che gli altri non si aspettano. E che i Righeira, soprattutto Johnson, prima di fare il botto con i loro capolavori italo disco, arrivavano proprio dalla prima scena punk e new wave italiana ("We wanna be punk" vi dice qualcosa?). Insomma bando alle ciance, tirate su il colletto della vostra polo taroccata e masticata dal cane, mettetevi gli occhialini 3D e gettatevi in pista a ballare. Sarà come essere in un mosh pit in cui tutti limonano.