venerdì 15 dicembre 2017

10 dischi del 2017

Giorcelli mi ha talmente setacciato la minchia con sta storia della classifica dei dischi del 2017 che ho buttato giù, senza starci troppo a pensare una lista di 10 titoli (cercando di ricordarmi cosa sia uscito quest'anno e cosa l'anno scorso, quali dischi vecchi abbia ascoltato e quanti dischi nuovi abbia comprato). Il risultato è il solito elenco di roba ignorante, che se va bene piace solo a me.
Mi scazza solamente per almeno tre o quattro album che sono finiti tutti idealmente all'undicesimo posto a pari merito e che quindi non si trovano in questa lista per un soffio; ma come dice il ragionier Ugo Fantozzi alla Pina quando rientra dalle lezioni di biliardo: sì, è la vita! Dalla classifica ho tolto scientemente ristampe o raccolte (altrimenti rischiavo di mettere solo vecchiume). Bando alle ciance ecco la CLASSIFICA DEI 10 DISCHI DEL 2017 in ordine più o meno sparso, ma non sempre:

Mr. T Experience “King Dork Approximately” lp
Aspettavo questo disco da anni, ma che dico anni: decenni e settimane. A parte tutto, quando ho saputo che Dr. Frank avrebbe resuscitato i MTX e dato alle stampe un nuovo lp dopo quasi 3 lustri me la sono fatta letteralmente sotto dalla paura. Il precedente "Yesterday rules", diciamoci la verità, è una mezza ciofeca e chi ce l'ha come me lo tiene per mero completismo e affetto. Questo "King Dork ecc", invece, è un gran disco. Davvero. Ci sono ottime melodie, pezzi un po' più tirati e altri molli ma ben scritti e si sente il guizzo del vecchio Frank, che tanto ci aveva fatto innamorare 20 anni fa. Power-pop e punk-rock, naturalmente, restano le coordinate principali. Ma c'è anche un po' di pop-rock alla vecchia maniera. Un ritorno coi fiocchi.

Capitalist Kids “Brand damage” lp
I Capitalisti Kids del mio amico Jeff hanno pubblicato indubbiamente il loro album migliore e se non fosse uscito quello dei Mr. T "Brand damage" sarebbe in cima al podio. Anche qui si battono i territori del pop-punk e del power-pop, con una predilezione più per Elvis Costello che per i Ramones. Jeff sa scrivere canzoni veloci e super melodiche, alternando testi impegnati che parlano della situazione socio-politica americana a brani d'amore. Il disco perfetto dell'era Trump.

Downtown Boys “Cost of living” lp
Tra i miei gruppi hardcore preferiti in assoluto ci sono i Downtown Boys: una band devastante dal vivo (li ho visti un anno e mezzo fa a Imperia e devo ancora riprendermi). Uno dei loro pregi più grandi è l'essere riusciti a trovare un suono così originale ma al tempo stesso familiare che ha davvero pochi eguali fra i gruppi contemporanei. Testi in inglese e spagnolo, che parlano di cosa sia oggi l'America e di come sia ancora attuale lottare e resistere per i propri diritti, tentando di cambiare il mondo. Nessuna velleità, solo sincerità, attitudine e urgenza. "Cost of living" è un filo meno dirompente del suo predecessore "Full Communism", ma resta un disco in cui punk e hardcore trovano un originalissimo modo per stare insieme. Ma se seguite questo blog scalcinato avrete già letto la recensione del disco.

Dalton “Dei malati” lp+cd
Anche in questo caso parliamo di un secondo album che arriva dopo un esordio capolavoro, il fantastico "Come stai?" e quindi "Dei malati" resta, per forza di cose, un gradino sotto quella meraviglia. Detto questo siamo comunque di fronte a un album stupendo, da imparare letteralmente a memoria. Questa splendida formula a base di oi!, pub-rock, punk, folk e cantautorato spinto rende i Dalton una band unica ed eccitante. L'inizio è fulminante, tanto che "Gaia" sembra una b-side di "Come stai?". E poi c'è un altro inno come "La dose fa il veleno" e un gran pezzo dal super riff come "Estate". Non mancano neppure qui le cover che non t'aspetti, da Tenco ai più "allineati" Pogues. Pochi brani, solo sette purtroppo, ma tutti da sentire 100 volte al giorno, senza stancarsi.

She Said What?! “Demichelis” cassetta
Eccolo qui il mio duo proferito. Anna e Manuela (anche se a volte dal vivo la sostituisce Bernardo) sono due tipe toste delle mie parti, che suonano una sorta di punk lo-fi acido ma al tempo stesso melodico, che mi fa letteralmente uscire di testa. Dopo qualche anno di stop, hanno ripreso a suonare da circa 12 mesi e hanno appena sfornato un disco (per ora solo su cassetta, presto anche su vinile) che è una delle robe più belle che abbia ascoltato in questi anni. L'album è una specie di concept (non pretenzioso) sulla prima repubblica e contiene pezzi come "Demichelis", Sigonella, "Craxi", "Fanfani" e "Love party" (ok li ho detti tutti). Il tutto suonato alla velocità della luce, come della Bikini Kill ridotte all'osso (batteria, basso distorto e due voci che si rincorrono in un botta e risposta strepitoso) alle prese con le cover dei Dead Kennedys. Un groviglio di ironia, minimalismo punk e melodie malate e stridule. Uno sballo.

Human Race “Negative” lp
Gli Human Race arrivano da Roma e spaccano i culi. Sono una band totalmente derivativa (punk '77 a manetta fra Boys, Buzzcocks, Weirdos, Germs e gruppi minori californiani). Ne ho parlato giusto il post scorso e quindi credo sia superfluo riscrivere le stesse cose. Però sappiate che questo pezzo di vinile è uno di quei classici dischi che, se amate certi suoni, faticherete davvero a mettere da parte. E' come un the best of o una summa della prima scena punk, con quel suono secco e abrasivo, un rock'n'roll imbastardito da distorsori marce e melodie storte. Una goduria.

Leisfa “Liturgie di fallimenti e sconfitte” cd
Anche i Leisfa, come le She Said What?! e tra poco i Goonies sono genovesi. E anche loro, come tutti gli altri, sono miei amici. Vi sembro campanilista? Ma non diciamo cazzate: questo è soltanto culo, misto a un pizzico d'intelligenza nello scegliere le persone con cui passare il proprio tempo libero. Luca e i suoi fantastici amici (questo il nome per esteso della band) si sono guadagnati sul campo i galloni e con questo terzo disco (se si conta come secondo il loro split con gli Essere) raggiungono la piena maturità. I Leisfa sono una band hardcore granitica, composta da ragazzi sui 25 anni (quindi giovani, dai), che è riuscita a trovare un sound personale, nonostante il genere. In questo "Liturgie di fallimenti e sconfitte" i ritmi sono leggermente più lenti rispetto ai primi album, ma ci sono comunque muri di chitarre in tempesta, canzoni furiose e testi introspettivi e carichi di pathos. Gippy ha una voce perfetta, tagliente, sporca e capace di raggiungere vette di cattiveria inaudita. Uno dei migliori gruppi hardcore italiani degli ultimi dieci anni (consigliatissimi anche dal vivo).

Goonies “Connessi e soli” cd
Ed eccoci nuovamente ai Goonies (di cui parlo anche nel post precedente). Senza stare troppo a ripetermi Ippo, Matteino, Buddy e Albe suonano un punk-rock in italiano superveloce e melodico sullo stile di Monelli, Ignoranti e Fichissimi. I sei pezzi di quest'album sono uno più bello dell'altro, scorrono come birra ghiacciata nel gargarozzo e non smetteresti mai di ascoltarli.


Heroin In Tahiti “Remoria” lp
Ogni volta che esce un disco nuovo degli Heroin In Tahiti finisce, puntualmente, nella mia classifica di fine anno, perché anche se questo duo romano di musica strumentale è, sulla carta, parecchio lontano dai mie classici ascolti, ogni volta che mi imbatto in qualche loro produzione finisco per andarci a bagno. Forse a farmi andare via di testa è il fatto che una volta messa la puntina sul primo solco inizia un viaggio ipnotico da cui è difficile tornare indietro. "Remoria", grazie ai suoi richiami mediterranei, assomiglia più a "Sun and violence" che a "Death surf", il disco che mi aveva fatto innamorare di loro. Ma resta comunque un album pazzesco e inteso, un disco dall'incedere tribale, con echi di musiche antiche in sottofondo. Un vinile da ascoltare completamente strafatti sul divano mentre si beve pastis. Nel caso foste straight edge o troppo vecchi come me per certi vizi, "Remoria" funziona ugualmente. Magari con le luci basse e il cuore sincronizzato sui battiti della musica.

The Minneapolis Uranium Club “Live at Arci Taun” lp
A causa della mia proverbiale ignoranza mi sono perso la prima e unica data italiana dei Minneapolis Uranium Club l'anno scorso a Fidenza. Ma grazie ai "colleghi" di Sottoterra ho potuto riparare, almeno in parte, a quest'errore. Perché sotto il marchio della rivista che ho la sventura di dirigere è uscito questo bel vinile nero, in cui è stato immortalato, grazie a una registrazione di ottima qualità, quello storico concerto. Dentro questi solchi c'è tutta la forza dirompente e dissonante dei MUC: un mix fra Devo, garage, punk e kraut da due soldi. Musica rumorosa ridotta all'osso: un viaggio cosmico a bordo di una motoretta scassata.




lunedì 11 dicembre 2017

Un po' di recensioni a babbo/ 2

E' stato un novembre impegnativo; pieno di concerti e quindi di dischi, visto che, come mi aveva detto una quindicina di anni fa Matteino, "non riesco ad andare a sentire una band e non comprare nulla al banchetto". Una maledizione che mi porto dietro da allora e cioè da quando ho iniziato a consegnare pizze in macchina - perché non ho mai imparato a guidare il motorino - per comprarmi cd e vinili. E quindi ecco il mio classico inventario semi ragionato fra alcune delle ultime robe che sono finite nel mio stereo o che ho ascoltato in streaming (salvo gli evergreen che tornano a farmi visita come i fantasmi dei Natali passati).

The Kinn-Ocks - s/t
Il buon Paolo Merenda degli Anno Senza Estate e prima ancora dei Kompagni di Merenda (nome geniale) mi ha inviato per posta il suo ultimo cd, che è anche l'esordio della nuova band della sua allegra combriccola: i Kinn-Ocks. Dieci pezzi (più una traccia fantasma strumentale) in meno di 15 minuti (compresi i secondi di attesa dell'undicesima canzone): una randellata di rock'n'roll sporchissimo e abrasivo, sullo stile degli Zeke tanto amati e venerati da Paolo e sulla falsariga di quel punk-rock maleducato e assai poco melodico che piaceva tanto a noi giovani negli anni novanta. Undici tracce registrate in presa diretta, nude e crude e suonate con scarsa perizia tecnica (che per quel che mi riguarda è uno dei migliori complimenti che possa fare a una band). Per citare il poeta: poche musse, qui c'è menù fisso, rock'n'roll robusto e voce che arriva dall'oltretomba per farvi fuori con una manciata di rasoiate.

Goonies - Connessi e soli
I Goonies sono una delle mie band preferite. E non lo dico perché siamo amici da una vita; il fatto è che questa banda di ragazzi - per citare un loro vecchio pezzo - sa come farmi felice in poche e semplice mosse: suoni veloci e melodici come le pop-punk band di 25 anni fa, pezzi che ti si incollano al cervello e un'attitudine incredibile. "Connessi e soli", che arriva parecchi anni dopo quel mezzo capolavoro che era "Suoniamo ancora anni novanta" non tradisce le aspettative. Certo, l'80 per cento dei sei pezzi di questo mini album faceva già parte del repertorio live del gruppo (e quindi appena ho messo su il cd ho iniziato a cantare le canzoni a memoria), ma a parte le mie digressioni da fan (li avrò visti 1457893 volte dal vivo) credo sia impossibile, per chiunque ascolti punk-rock, non amare quest'album e non adorarne la sua sincerità. E' raro che ascolti per più di 3 o 4 giorni di fila lo stesso disco, avendo sempre nuovo e vecchio materiale da sentire (il bello e il brutto di Internet).Ma nel caso di "Connessi e soli" è stato davvero difficile togliere quel pezzettino di plastica dallo stereo. Disco clamoroso e da 10.

Bully - Losing
Gian di Disco Club, qualche mese fa, mi ha passato da recensire il nuovo disco di una rocker chiamata Bully uscito su Sub Pop e intitolato "Losing". Premesso che anch'io, come i più avveduti di voi, non sapevo manco chi fosse Bully (un nome che può accompagnare solo) ho deciso di accostarmi a quest'album con le migliori intenzioni e senza pregiudizio alcuno. Peccato però che il disco sia una vera e propria ciofeca, col suo rock mollo simil-grunge, che mi ricorda un'Anouk (quella che cantava di essere una spiaggia o una prostituta, non ricordo bene) senza la freschezza di Anouk (e v'ho detto tutto). Di questi 12 pezzi ne salvo giusto un paio e guarda caso sono i lentoni ("Blame" nonostante tutto si lascia ascoltare, dai). Il resto è robetta da finta ragazza incazzata, con chitarre così molli e canzoni così leziose che al primo che si fa avanti regalo il cd e non ne parliamo più.

Human Race - Negative
Aspettavo questo disco da mesi. E più precisamente da quando ho ascoltato i primi due micidiali singoli - "Human race" e "I dont' mind" - di questa band romana (l'ennesima rivelazione in arrivo dalla Capitale). Gli Human Race suonano con una naturalezza disarmante, come i gruppi punk inglesi e americani del '77, soprattutto quelli sfigati e di serie B, che spesso sfuggono ai classici elenchi degli imprescindibili. Pensate a una miscela di Boys, Buzzcocks, Germs, Weirdos, Generation X ed Eater e ci sarete quasi vicini. Insomma, roba da leccarsi le dita dei piedi. Forse l'impatto di questo bel vinilone pubblicato dalla benemerita Dead Beat di Cleveland è un pizzico meno dirompente rispetto ai primi due singoli di cui ho parlato all'inizio (nell'album comunque c'è la splendida "I don't mind") però questo "Negative" resta un disco prezioso e vibrante, genuino e talmente sincero che vi farà godere come dei ricci.

Vecchiume su cui ho messo le mani di recente:

AA/VV - Bloodstains Across Califronia
Preso al banchetto dei Leeches al concerto dei Dictators questo volume della serie Bloodstains, una sorta di Killed by Death e cioè una compilation col meglio del punk più oscuro e sfigato, è un disco definitivo che gronda bellezza da ogni solco. Venti brani per altrettanti gruppi, di cui i più conosciuti sono, forse, i Dogs (non quelli francesi, he) e i Controllers. Cioè degli emeriti signor nessuno, ma con un talento immenso nello scrivere almeno un pezzo memorabile in tutta la loro vita. Cosa che per me vale già il Nobel per la pace. Tra le band migliori (ma tutti i pezzi e tutti i gruppi spaccano) ci sono le Maggots con una fenomenale "Tammy Wynette", i già citati Controllers, qui con "Slow boy" e i Child Molesters che, con un moniker così, non possono che estrarre un pezzaccio del calibro di "I'm gonna punch you in the face". Il filo conduttore di questa raccolta è un punk marcio e urgente, fatto di chitarre rumorose, melodie sgraziate ma che colpiscono al cuore e voci incerte e deliziose: insomma tutta la bellezza e l'ingenuità della prima scena punk californiana, una delle mie preferite in assoluto.

Teenage Head - s/t
Sia lodato Federico Tixi che con le sue segnalazioni delle migliori offerte Amazon è riuscito a farmi trovare il primo vinile dei Teenage Head a 13 euro. Da anni cercavo di comprarlo a un prezzo umano, almeno sotto i 15, anche se si tratta di uno di quei dischi della vita per i quali dovrei sforzarmi di spendere qualcosa di più. Ma, come dice il saggio, la perseveranza è stata premiata e finalmente ho potuto mettere le mani su un album che, grazie a Youtube, conoscevo già a memoria. Il primo disco di questa storica band canadese è una bomba assoluta. Power-pop e punk al massimo dello splendore. Tutti i pezzi sono bellissimi, veloci e ipermelodici. Non è facile raccontare un album così perfetto e vorticoso. Anche perché se bazzicate il punk-rock, il power-pop o l'hardcore sapete già con ragionevole certezza che difficilmente una band canadese (così come un'australiana) sbaglia un colpo o quantomeno il primo disco. Vi dicono qualcosa D.O.A., Propagandhi (fino ai primi tre album), Pointed Sticks, Yesterday's Kids, Hanson Brothers e No Means No?