mercoledì 19 settembre 2018

Un po' di recensioni a babbo 8/Largo all'avanguardia (ma anche alla Wild Honey)

Torno a sputare le mie sentenze con una manciata di recensioni "a babbo" tanto per ricordare a me stesso che, nonostante tutto, scrivere resta ancora la mia seconda passione più grande.


AA/VV - ETERNALLYT. THE CORRUGATED COMPLICATION
Per festeggiare la sua cinquantesima uscita, l'etichetta digitale Asbestos Digit di Andrea Prevignano pubblica il suo primo cd in formato fisico: la compilation "Eternallyt. The Corrugated complication", che ruota intorno a un concept piuttosto particolare: l'Eternit. Una storia di morte e dolore, che ha scritto una pagina buia - e ancora lontana dall'essere chiusa - del nostro paese. Prevignano, che oggi vive a Roma (o almeno credo) ma è originario di Casale Monferrato conosce molto bene la vicenda e anche nel packaging di questo disco, con la copertina ondulata che sembra una lamiera di Eternit, ha voluto aggiungere un ulteriore elemento "tattile" piuttosto forte e azzeccato. Il contenuto dell'album - musica d'avanguardia e sperimentale, come nella tradizione delle uscite Asbestos - non si discostata dal concept e mette in fila una serie di gruppi "classici" dell'etichetta, per un totale di dieci pezzi. Ad aprire il disco tocca a Lucy Mina con la sua "Doggy Style", una nebbia di suoni inquietanti che si dissolve in poco più di due minuti. Si cambia totalmente registro con "Anche i cigni non cantano più" delle Cose Bianche, unico pezzo cantato della raccolta. Il brano sembra una b-side dei Massimo Volume registrata in bassa fedeltà, mescolata a suoni disturbati e vari sfrigolii. "Groundwork n.1 (For a threnody)" di Pierluigi Pugno - della durata di oltre sei minuti - ricorda il segnale di una sonda persa nello spazio: il suono è quasi impercettibile e se provate ad ascoltarlo in cuffia facendo l'errore di alzare al massimo il volume dello stereo, per cogliere tutte le sfumature del pezzo, tenete d'occhio il minutaggio perché, altrimenti, alla sua conclusione rischierete di perdere l'udito per qualche secondo. "La Furnasetta is already dead", sesto brano della raccolta firmato, appunto, da La Furnasetta, band noise-avant dai suoni metallici dirompenti e ipnotici, è infatti una bomba di rumore dissonante, che farà a pezzi i vostri timpani e foraggerà il vostro acufene (per chi lo ha già...). In poco più di 4 minuti il gruppo (un dei migliori della compilation) saprà sfondarvi il cranio con uno "stoner elettronico" lento, pensante e assordante. Un antipasto perfetto per le dissonanze acquatiche di Luca Serrapiglio e il suo "Incanto e incatenato". Mademoiselle Bisturi (un'altra delle mie favorite della raccolta) ci regala, invece, una pioggia dorata (o forse placcata oro) di ferraglia, grazie alla cavalcata noise di "Half life", il cui suono fa venire in mente una fresa che taglia una lamiera di Eternit. Ne "La discipline n'est pas une étude (vers. III)" di Gianmaria Aprile, invece, una tromba jazz squarcia il silenzio, come in quei funerali per i soldati caduti in guerra, salvo poi spegnersi in una coda elettronica e palpitante. I Legendary Gay Cowboys - nome della vita! - si adoperano, con la loro "Il perno del mondo", in una sorta di mini colonna sonora cosmica di tre minuti, mentre "Superego" di Faluomo - al terzo posto della mia classifica personale di questa ottima compila - sembra quasi un omaggio ad "Amore tossico", grazie a un sinth spettrale, che suona come una campana a morto. Chiude la raccolta "Speed & politics" degli uBik: una catena di montaggio di suoni minimali in sequenza. 
Anche se della cosiddetta musica d'avanguardia non si parla praticamente mai in questo blog e, di solito, i miei ascolti spaziano dal punk al punk-rock, devo ammettere che "Eternallyt" rappresenta una bellissima eccezione, tanto che, nel giro di pochi giorni, questa compilation è diventata una degli ascolti più frequenti dell'ultimo periodo. Forse è l'inquietudine e la violenza di certi pezzi (non necessariamente quelli più rumorosi) ad avermi colpito così tanto. Ma è anche vero che, per chi, come me, è digiuno da certi suoni, partire da una raccolta che mette insieme gruppi e musicisti così diversi e intensi potrebbe essere un ottimo punto di partenza. Provate a spararvi l'intero disco in cuffia cliccando sul link sotto la recensione e (con le dovute accortezze di cui sopra) immergetevi in queste nebbie tossiche ed elettriche.   
Ps Tornando brevemente alla confezione di questa raccolta stampata in 30 copie numerate a mano, all'interno del già citato involucro simil lamiera (di cartone) dentro il quale è custodito il cd, troverete una tracklist in carta lucida e un piccolo lucido con disegnato un cagnolino. Nella busta c'è anche una spilla della Asbetos.
https://asbestosdigit.bandcamp.com/album/various-artists-eternallyt-the-corrugated-complication-asbestos-digit-50

PEAWEES - MOVING TARGET
Forse dovrei aspettare di poter stringere fra le mani il vinile. Ma visto che non so resistere (e non ho neppure la più pallida idea di quando riuscirò a comprarlo) ho deciso di recensire l'ultimo disco dei Peawees, dopo averlo ascoltato (più volte) sulla pagina bandcamp della Wild Honey e su - orrore - Spotify. "Moving target" (e già il titolo che cita, anche se temo inconsapevolmente, uno dei miei gruppi preferiti è una garanzia) potrebbe essere quello che un recensore serio definirebbe un album maturo. Una sorta di anello di congiunzione fra il più classico e pacato "Leave it behind" - suo predecessore uscito ben sette anni fa - e il capolavoro del 2001 "Dead end city". Perché se, da una parte, il suono di questo nuovo disco è decisamente più quadrato e corposo rispetto alle prime uscite della band, ciò che lo differenzia dai due dischi post "Dead end city" sono, essenzialmente, le canzoni. Ognuno dei 10 brani di "Moving Targets", infatti, ha una precisa identità e potrebbe essere un potenziale singolo. Cosa che mancava un po' in "Leave it behind" e "Walking the walk". Per carità, parliamo di due album potenti e compatti, dove la vena rock'n'roll e country dei Peawees era al massimo del suo splendore. Ma per chi, come il sottoscritto, ha letteralmente consumato, da pivello, "Dead end city", quei due dischi restano un gradino sotto quel piccolo grande capolavoro targato Stardumb. In "Moving Targets", insomma, tornano le canzoni che ti si appiccicano in testa, grazie a una spiccata vena pop che, magari, rallenta un po' il ritorno rispetto al passato, ma che, coniugata con un songwriting robusto e di classe, trasforma questo disco in uno dei migliori in assoluto della band; secondo, forse, solo a "Dead end city". Difficile dire quali pezzi preferisca fra queste dieci perle e così, senza pensarci troppo, vi butto lì un terzetto da urlo formato da "Walking through my hell", "Stranger" e "Phil Spector". Ma non è possibile non menzionare anche "As long as you can sleep" e "A reason why": insomma finisce che mi tocca citare tutti e dieci i brani. Come dicevo poco fa la classica formula "rock'n'roll/musica delle radici americane" diventata, ormai, un marchio di fabbrica della band spezzina, in questo "Moving Target" viene riaggionrata con un gusto power-pop davvero irresistibile. Per non farla tanto lunga, il nuovo album dei Peawees è senza dubbio uno dei dieci dischi più belli dell'anno.


DENIZ TEK - LOST FOR WORDS
Restando sempre in casa Wild Honey un altro disco incredibile in uscita in questi giorni e che potete ascoltare sulla loro pagina bandcamp è il nuovo album solista di Deniz Tek dei Radio Birdman. Franz e compagni sono dei veri e propri fan della band australiana - che infatti è uno dei nomi di punta di Otis Tour - e, da qualche mese, si sono messi in testa di ristampare il materiale legato alla carriera post RB di Deniz Tek: la prima uscita è stato l'unico e omonimo album dei Visitors (anno di grazia 1978): un disco che, nella versione originale, è pressoché introvabile a prezzi umani e che Wild Honey ha ripubblicato in un sontuoso vinile rosso, con tanto di bonus track. "Lost for words", invece, è un album nuovo, appena inciso e interamente strumentale: dieci pezzi in bilico fra surf e rock chitarristico e desertico, perfetti per una serata in spiaggia bere birra ghiacciata e a guardare le onde. Arpeggi sinuosi e riff delicati si distengono lentamente su un tappeto di melodie soffici e ipnotiche. Lunghe fughe strumentali come "The Barrens" si alternano a surf'n'roll in salsa garage come "Hondo's dog" e "Song for Dave". Un album splendido e immeditato. Una colonna sonora calda e malinconica, come il mare d'autunno.


THE SHOWBIZ - DO THE ROCK'N'ROLL
Il pub e il rock'n'roll sono due luoghi fisici e dell'anima che oserei definire sacri. E d'altra parte è ormai acclarato che una buona birra, insieme a una bella canzone, siano in grado di curare parecchie ferite. Di questo parere sembrano anche gli Showbiz che, per la Tongue Records, hanno recentemente pubblicato un 7'' dal titolo più che esplicito "Do the rock'n'roll". Quattro brani bollenti e senza troppi fronzoli, con la chitarra in primo piano a macinare riff vertiginosi e inarrestabili. Niente di nuovo sul fronte occidentale, per carità: ma gli Showbiz sono dei discepoli di Chuck Berry e dei Sonics, che hanno come unico obiettivo quello di restituire alla musica le sue radici più genuine. E in questo pezzetto di vinile ci riescono a meraviglia. E' solo rock'n'roll e ci piace parecchio. Una menzione speciale per il brano che apre il lato b,"All the girls", che grazie a una melodia azzeccatissima riesce a colpire subito al cuore.