giovedì 6 dicembre 2012

Ricomincio da tre (album) - Green Day vi voglio bene

Forse dovrei aspettare l'uscita ufficiale di "Tre", il terzo album della trilogia dei Green Day, per parlare di questa nuova follia di Bollie Joe e compagni. Ma visto che ieri notte, grazie al solito Youtube, mi sono sentito anche l'ultimo capitolo in streaming, credo sia arrivato il momento per scrivere due o tre cazzate su questi tre dischi.
Allora: parlare dei Green Day con obiettività non è mai stato il mio forte. E devo ammettere che qualche volta sono stato eccessivamente partigiano nei loro confronti. Certo, poi il tempo mi ha dato - personalmente - ragione, ma la questione è sempre rimasta all'interno di un discorso alquanto soggettivo. Tanto per fare un esempio, anch'io come molte persone, dodici anni fa, ero rimasto spiazzato da "Warning". Perché insomma dopo "Nimrod", che secondo i miei canoni conteneva già una buona dose di "tradimenti", quel nuovo album sembrava una robetta buttata lì per doveri di contratto. Poi invece ho imparato ad amarlo e oggi  ritengo che sia "Warning" che "Nimrod", a parte "King for a day" che trovo orrenda e demenziale, siano due ottimi dischi. Su "American idiot" nulla da dire: appena è uscito mi è sembrato uno degli album più belli incisi negli ultimi dieci anni (dal '94 al 2004 s'intende). Mentre "20st century breakdown" fatico ancora a digerirlo completamente (anche se contiene almeno un pezzo importante - per me - e un altro di altissimo livello). In poche parole, da quando i Green Day hanno abbandonato il classico suono punk-rock - il dopo "Insomniac" tanto per capirci - ho avuto molti conflitti con i loro nuovi dischi. Ogni volta, però, sono riuscito a ricredermi e ad abbandonare quasi tutte le mie perplessità.
Ma torniamo alla trilogia. Aspettavo questi tre album con una certa ansia e il fatto che i Green Day, all'ultimo momento, avessero annullato il concerto di Bologna aveva alimentato ulteriormente i miei dubbi sul loro futuro. Poi è uscito "Uno" e mi sono subito fiondato da Disco Club e l'ho comprato. Quando sono arrivato a casa e l'ho fatto girare nello stereo il primo pensiero che ho avuto è stato: ok, poteva andare peggio. Lo so che è una cazzata, ma quando ami una band e sai che gioca sul filo del rasoio fra la classifica e le sue radici underground che te l'hanno fatta amare, temi sempre che ti possa deludere. O, ancora peggio, hai paura di non voler ammettere che abbia inciso un album di merda. "Uno" invece, a dispetto di alcune recensioni piuttosto negative, si è rivelato un bel disco. E se fosse stato l'unico cd partorito dai Green Day quest'anno sarei stato persino contento. La cosa più importante, secondo me, era affrancarsi dal formato concept che ormai aveva esaurito la sua carica di novità e freschezza (parlo sempre in termini di punk-rock e pop). E i Green Day questa volta ci sono riusciti. Di pezzi brutti, su "Uno" non ce ne sono molti. L'unico davvero schifoso è "Kill the dj". Ma quando si fa prima ad elencare le ciofeche rispetto alle canzoni interessanti si è già sulla buona strada.
Un mese dopo è stata la volta di "Dos". Prima che uscisse però sono riuscito a sentirlo in streaming su Youtube e l'impressione iniziale è stata terrificante. Quando poi sono riuscito a metterci le mani sopra (Gian sia lodato!) ho cambiato radicalmente idea. Anche in questo caso, però, almeno una canzone di merda, i nostri ce l'hanno infilata. "Nightlife", infatti, col suo finto rap rock, è il peggio del peggio e sembra quasi uno scherzo di cattivo gusto. A parte questa schifezza il resto del disco viaggia su buoni livelli, con punte altissime e qualche riempitivo di lusso. Insomma se "Uno" si merita un 7, a "Dos" si potrebbe dare persino 7,5. Ma comunque i due album si equivalgono. Certo, secondo le intenzioni dei nostri, il primo disco sarebbe quello più pop-punk mentre il secondo avrebbe un tiro più garage. Ma, a dirla tutta, né l'una né l'altra definizione sembrano descrivere al meglio i due lavori. Diciamo che nel primi si guarda più alla melodia e nel secondo ci sono più chitarre ruggenti. Ma siamo sempre nella solita formula di punk-rock misto a power-pop dei Green Day, poche palle.
Detto dei primi due cd, eccoci finalmente arrivati a "Tre", anche se qui il giudizio resta a metà, visto che l'ho potuto ascoltare solo su Youtube. La prima impressione però, salvo rettifiche, resta tutto sommato buona. Magari questo terzo capitolo è leggermente inferiore agli altri due soprattutto dal punto di vista "rock", ma si lascia comunque ascoltare piuttosto bene. E se è vero che, rispetto ai suoi due predecessori,"Tre" è quello più vicino alle ultime cose scritte dei Green Day, con tanto pianoforte e molte canzoni lunghe e "articolate", bisogna anche ammettere che non mancano alcuni pezzi più veloci e divertenti. A differenza di "Uno" e "Dos", poi, in quest'ultimo capitolo non c'è il pezzo "cesso" e anche se alcune canzoni sono meno belle di altre, tutte quante, comunque, conservano una certa dignità. Forse è l'insieme che non colpisce più di tanto. Se dovessimo usare il solito metro numerico, "Tre" si beccherebbe un bel 6/7.
Insomma volendo fare i matematici fino in fondo, la media di questa trilogia dei Green Day, secondo il mio opinabile parare, è 7 pieno. E anche se sono d'accordo che se da questi tre album ne avessero tirato fuori uno solo da 15 pezzi ci sarebbe scappato un mezzo capolavoro: alla fine, forse, è stato giusto così. Lo stesso discorso, 30 anni fa, qualcuno lo fece per "Sandinista!" dei Clash. Con tutto il rispetto per i Green Day, però, il paragone con quel progetto è decisamente blasfemo.
Visto che vi ho annoiato fin qui, continuerò a farlo ancora per qualche riga, scrivendo quello, che secondo me, sarebbe potuto essere il "disco perfetto" fondendo il meglio di "Uno", "Dos" e "Tre". I pezzi sono in ordine sparso:

Nuclear family
Fell for you
Oh love
Loss of control
Angel blue
Stray heart
Makeout party
Ashley
Lazy bones
Baby eyes
Lady cobra
Missing you
X-Kid
99 Revolution

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