sabato 2 settembre 2017

L'effetto che mi fanno i NOFX - Recensione della loro biografia e altre amenità (Sono tornato, belandi)

Magari non lo sapete, ma qualche settimana fa Tsunami edizioni ha pubblicato uno dei libri dell'anno: "Una vasca per cesso e altre storie", la traduzione italiana della biografia dei NOFX - una delle mie band preferite di tutti i tempi - che in originale aveva un titolo un po' più interessante "The hepatitis bathtup and other stories" ("La vasca di epatite e altre storie").
Ma al di là di questo piccolo particolare non potrò mai ringraziare abbastanza la casa editrice milanese per aver portato in questa landa desolata e desolante un volume che, personalmente, attendevo con trepidazione da almeno un anno e cioè da quando è uscito per la prima volta negli Stati Uniti. E visto che l'inglese non è quel che si possa definire la mia seconda lingua (me la cavo, ok, ma alle medie ho fatto francese) ho accolto questa scelta illuminante della Tsunami come una benedizione. Il libro poi è uno spasso e come avrete già letto da altre parti mette in fila i ricordi e le ricostruzioni dell'intera storia della band a seconda dei punti di vista di ciascuno dei suoi componenti (attuali ed ex). La struttura ricorda un po' quella di "Please kill me", capolavoro e caposaldo della storia del punk newyorkese, che immagino tutti voi abbiate imparato a memoria. E così, sulla falsa riga di questo testo fondamentale, "Una vasca per cesso e altre storie" è stato concepito come una raccolta di capitoli che come titolo portano, di volta in volta, il nome del componente della band a cui in quel momento è affidato il racconto, in modo che ognuno possa dare la propria versione della storia. Lungo le pagine del libro non si parla solo di dischi e concerti, ma anche (e soprattutto) di alcuni episodi personali piuttosto scottanti e crudi (dalla droga agli abusi sessuali, dalle prime scoperte adolescenziali al rapporto coi genitori) che rendono la storia ancora più avvincente. Paradossalmente lungo le 350 pagine di questo sontuoso volume, scritto con l'aiuto dell'ottimo Jeff Alulis, si parla più di vita che di musica, tanto che gli anni del "successo" dei NOFX (dal '92 in poi) occupano una porzione minoritaria rispetto al periodo in cui la band muoveva i suoi primi passi. Addirittura di dischi importanti come "Punk in drublic" o "So long" quasi non si fa menzione, privilegiando aspetti meno conosciuti e più sfiziosi, come il racconto della cena fra il gruppo e gli "scagnozzi" di una major che aveva intenzione di metterli sotto contratto. Più che una biografia di una punk band, "Una vasca per cesso e altre storie", è stata definita una seduta collettiva dallo psicologo, una terapia di gruppo in senso letterale, durante la quale sono ammessi colpi bassi, critiche, scazzi interni, confessioni inconfessabili e drammi personali (la leggenda vuole che ciascun componente della band conoscesse soltanto la parte del libro relativa alla propria storia e che ignorasse cosa avessero detto gli altri, almeno fino alla definitiva pubblicazione). Se questo pettegolezzo sia vero o meno mi interessa davvero poco: quel che è certo è che ci troviamo di fronte una lettura avvincente, divertente, sgradevole e storicamente interessante. Perché se, come detto, degli anni d'oro dei NOFX si parla relativamente poco, una buona metà del volume è dedicata agli esordi del gruppo, quando Fat Mike e soci facevano letteralmente cagare e suonavano un hc stonato e monotono (a me, sinceramente, piacciono anche così, ma resta un problema mio...). Una scelta azzeccata, visto che in quelle pagine si racconta una fetta importante della scena punk e del primo hardcore californiano e americano, con storie e aneddoti che in pochi conoscono così a fondo. Il tutto, come ho già avuto modo di dire, scritto con uno stile scorrevole e molto diretto, che vi consentirà di bervi queste 350 pagina in pochi giorni.
Non pago di questo inutile fiume di parole, ho deciso che mi (o vi) voglio rovinare e quindi, insieme a questa sgangherata "recensione" del libro, parlerò (in poche righe) della sterminata discografia dei NOFX. Così, giusto per rompere un po'  i coglioni.

Piccola avvertenza: mi soffermerò solo sugli album, comprese alcune pseudo raccolte come "Maximum rock n roll", ma lascerò perdere la mole infinita di singoli e split. Farò giusto qualche piccola eccezione per alcuni ep, visto che in certi casi si tratta dischi piuttosto importanti per la storia della band. Cominciamo.

MAXIMUM ROCK N ROLL - Pubblicato nel 1992 dal Mystic Records, "Maximum rock n roll" è un bootlegone non autorizzato che gli stessi NOFX dicono di aver visto per la prima volta in un negozio, mentre spulciavano i dischi del reparto punk. Nessuno di loro ne sapeva nulla, però è un ottimo viatico per conoscere i primi e più rognosi vagiti della band. Qui dentro c'è il loro primo ep, ma ci potete trovare anche delle registrazioni ignoranti e sgangherate fatte proprio negli studi della Mystic quando i nostri erano agli inizi e nessuno se li cagava manco di striscio. Anche la copertina del disco è piuttosto brutta e raffazzonata. Io l'avevo comprato per completismo, quando ero ancora un pischello, dal defunto Pink Moon nei vicoli. Non costava poco all'epoca (era il 1999-2000 direi e avrò speso almeno 30 mila lire). Una volta infilato nello stereo mi aveva fatto subito cagare. Poi ho imparato ad amarlo ugualmente (forse).

LIBERAL ANIMATION - Anche se la copertina spacca, quest'album dell'88, vero e proprio esordio sulla lunga distanza della band, è una mezza ciofeca. Almeno al primo ascolto (ma pure al secondo e al terzo). Suoni sconclusionati, canzoni registrate e scritte alla cazzo e, particolare non da poco, un Fat Mike davvero (di)sgraziato alla voce. Quando Dibe me l'aveva venduto per poche lire a fine Novanta avevo capito subito di aver preso un pacco (ma a sua discolpa devo ammettere che ne ero piuttosto consapevole). Anche se lo ritenevo un album orrendo, facevo finta che mi piacesse. Ma oggi, a distanza di quasi 20 anni (per me) e 30 anni (per loro) penso che ci sia del genio in quei solchi. Pezzi come "I live in a cake" sono uno spasso senza senso. Detto questo "Liberal animation" non lo ascolto quasi mai.


S&M AIRLINES - Il primo disco "vero" dei NOFX, a detta loro. Siamo nel 1989. Ma se vi piace la band com'è oggi o com'era anche solo 25 anni fa (cacchio che vecchi che sono!) non è che ci sia tutta questa differenza con "Liberal animation". Ho sentito gente definire "S&M Airlines" uno dei loro migliori album. Ma si tratta dei soliti poseur che devono per forza fare gli strani. Non scherziamo: alcuni pezzi sono carini, ok, però in questo disco ci sono anche degli assoli simil metal (vi rendete conto???) che gridano vendetta. La voce di Mike migliora un po' rispetto al passato, ma nell'insieme "S&M Airlines" non si può beccare più di un 6 meno. Ricordo che l'avevo preso al Music Store dopo una lunga traversata ponente-centro sull'autobus numero 1, appena uscito da scuola. E forse il giorno dopo mi ero persino beccato un brutto voto, perché avevo passato il resto della giornata ad ascoltarlo e a capire perché avessi buttato via così i mie soldi.

RIBBED - Oh, finalmente ci siamo. Anche se qua e là si sente ancora qualche tamarrata di chitarra - credo che la colpa sia del buon Steve che da lì a poco, bontà sua, avrebbe lasciato la band, giusto un minuto prima che diventasse famosa - le radici del classico NOFX-sound di cui mi sono innamorato a 15 anni sono qui. Che poi, detto tra noi, non è altro che l'hc melodico dei Bad Religion di "Suffer" suonato e cantato peggio. Detto questo, a me, "Ribbed" è sempre piaciuto un sacco, perché il suono è ancora grezzo e sporco, ma le melodie ci sono tutte. I pezzi fighi sono una marea, sin dall'opener "Green corn" e fino ad alcune incursioni ska-core ("Food, sex & ewe") che erano non così scontate all'epoca (era pur sempre il 1991) e virate pop anni '50. Ho consumato la cassettina pirata di quest'album per una vita, prima di comprarlo originale in cd a una fiera del disco di qualche anno fa.

THE LONGEST LINE - La vera svolta dei NOFX arriva nel '92 con l'ingresso di Hel Efe, che non è un punk, ma suona e canta molto bene. I pezzi sono solo 5 e sono uno più bello dell'altro. Anche la copertina spacca e infatti la stampa e il pubblico cominciano ad accorgersi della band. "The longest line" si chiude con una canzone reggae (con coda punk) che si chiama "Kill all the white man" che all'epoca era diventata per me una vera e propria ossessione. La cassetta me l'aveva duplicata Tito, il mio mentore punk delle superiori. Alla fine di una manifestazioni in centro dopo l'ennesimo sciopero contro una delle tante riforme della scuola, sono andato da Ricordi e ho investito i soldi della mia paghetta in uno scintillante cd che ascolto con grande piacere ancora adesso.

WHITE TRASH, TWO HEEBS AND A BEAN - Sempre 1992 e ancora una volta un centro perfetto. Qui siamo ai massimi livelli dei NOFX: pezzi veloci, melodie pop, testi divertenti ma non scontati, scherzetti e battute disseminati qua e là. Questo album, quando ero un adolescente brufoloso di fine anni Novanta, non era facilissimo da trovare a Genova. Almeno per me che abitavo in periferia e non riuscivo ad andare così spesso in centro. Al tempo avevo sempre poche lire in tasca e così sono riuscito a recuperarlo soltanto in gita scolastica a Madrid (rinunciando a qualche birra e forse a qualche pasto) nel 1999. Un mio compagno aveva un lettore cd portatile (io ancora viaggiavo a walkman con cassetta) e credo di averglielo requisito per tutta la gita per sentire quel mio piccolo Santo Graal del punk.

PUNK IN DRUBLIC - Se vi siete già rotti le palle posso capirlo. Anche io comincio a dubitare dell'utilità di questa articolessa. Però mi spiace lasciare le cose a metà, così vi prometto che d'ora in poi sarò più breve (non è vero!). "Punk in drublic" è forse il disco più famoso e amato dei NOFX e chi sono io per sostenere il contrario? I pezzi sono tanti, ma non c'è alcun riempitivo. Non capirò mai per quale ragione abbiano escluso dalla tracklist un mezzo capolavoro come "Drugs are good" (titolo fenomenale e pezzo messo come b-side del singolo "Leave it alone"), ma per il resto, dall'inizio alla fine, c'è soltanto da godere. I nostri in questo disco della consacrazione e delle palanche vere (ne venderanno moltissssssimisssime copie) vanno ancora più veloci del solito e i testi sono una bomba. Siamo nel 1994.

HEAVY PETTING ZOO - Due anni dopo "Punk in drublic", nel 1996, i NOFX recuperano un po' di vena melodica e se ne escono fuori con un disco che, soprattutto loro, odieranno a morte per parecchio tempo. Sinceramente è il primo loro album che abbia mai ascoltato e mi piace da morire. Era l'estate del 1997 e Vizzi mi aveva passato la sua cassetta (duplicata) dicendomi: "Guarda che questi vanno molto più veloce dei Green Day...". E cazzo se aveva ragione. Appena è partito il tasto play sono stato letteralmente investito da "Hobophobic": 48 secondi di follia che ancora oggi mi fanno venire la pelle d'oca. A quel punto ho venduto a un amico la mia copia di "Blood sugar sex magic" dei Red Hot e dopo aver racimolato qualche lira in più sono corso da Sonorama a comprarmi il cd originale. La copertina è stupenda (un contadino che fa una 69 con una pecora) e non so dirvi quanto abbia cantato a squarcia gola le canzoni di questo disco, inventandomi di sana pianta le parole, visto che i testi erano scritti a cane nel libretto. Vado pazzo per "Heavy petting zoo" e non me ne frega nulla di cosa ne pensino Fat Mike e i fan della band.

SO LONG AND THANKS FOR ALL THE SHOES - Questo è il primo disco dei NOFX che ho atteso con trepidazione, di cui ho letto una recensione in tempo reale e che mi sono andato a comprare da Ricordi appena è uscito. Per gli album precedenti invece si è trattato solo di un'operazione di recupero. Mi ricordo che quando ho visto le (finte) foto della band nel libretto del cd mi è quasi venuto un coccolone. Pensavo davvero che Mike, Hefe, Melvin e Smelley fossero quei vecchiardi ritratti lì dentro. L'album è molto eterogeneo: si parte con l'hc tirato di "It's my job to keep punk rock elite", ma poi ci si perde in varianti ska, ska-core, reggae ("Eat the meek") e persino strumentali quasi jazz come "Quart in session". Forse un disco di transizione. Ma comunque un gran disco di transizione. Anzi no, mi correggo: un super album. O forse sbaglio. Mah!

THE DECLINE - Questo ep del 1999 per me (ma credo anche per molti altri) è stato una vera botta. Nel senso che mai più mi sarei aspettato di comprare un disco dei NOFX in cui ci fosse un solo pezzo della durata di oltre 18 minuti. Roba da rock progressivo, ho subito pensato quando ho infilato il cd nel computer (all'epoca non avevo uno stereo degno di questo nome) e ho letto: 1 traccia, minuti 18,19. Poi però ho schiacciato play ed è stata una rivelazione. Anche perché "The decline" è più un collage di pezzi che una canzone unica. E visto che mantiene tutte le caratteristiche essenziali dei NOFX (velocità e melodia) ci sono subito andato a nozze.

PUMP UP THE VALUUM - Mancava poco ai miei 18 anni (estate 2000) e io volevo a tutti i costi farmi regalare il nuovo disco dei NOFX. Altro che macchine (vabbè, magari) e feste in smoking (vi rendete conto di cosa andava di moda all'epoca???). Per il conseguimento della mia maggiore età desideravo soltanto mettere le mani sul nuovo album di una delle mie band preferite, che sarebbe uscito di lì a poco. Così mi sono fatto anticipare il regalo dai miei di qualche giorno e sono corso sul lungomare nel nuovo negozio di dischi a comprare "Pump up the valuum", giusto poche ore prima del mio primo concerto dal vivo dei NOFX al Decunstruction tour (che giorni meravigliosi erano quelli!). L'album non è niente male, la formula magari comincia un po' a stancare, ma i testi di Mike migliorano e i pezzi belli non mancano. Anzi ricordo che all'epoca mi piacevano praticamente tutte le canzoni e me le cantavo giorno dopo giorno in cameretta. Di ska non ce n'è praticamente più (anzi all'epoca i NOFX suonavano dal vivo un pezzo che si intitolava "We don't play ska anymore"). Ma la chiusa è un brano memorabile e folle come "Theme for a NOFX album": una specie di incrocio fra una polka e un pezzo tradizionale irlandese (che poi però accelera alla fine) in cui viene presentato ciascun componente della band.

WAR ON ERRORISM - Passa qualche anno, è il 2003, sono all'università ed esce il nuovo disco dei NOFX. Lo compro da Felipe Records e, come avevo letto su Internet e in qualche rivista nei mesi precedenti, l'album è fortemente schierato politicamente contro la rielezione di Bush a presidente degli Stati Uniti (in copertina il caro W è ritratto come un clown). Ancora una volta il mio giudizio a caldo è positivo: i pezzi mi piacciono (sono sempre i NOFX, belin) e l'esplicita scelta di campo (che proseguirà con punkvoter, le compilation "Rock against Bush" e tante altre iniziative) vale decisamente un punto in più. Oggi però, risentendo "War on errorism", al di là dell'immutato apprezzamento politico, sono meno entusiasta di un tempo. Certo ci sono pezzi che ancora adesso sono tra i miei preferiti dei NOFX: su tutti la doppietta "We got two Jealous Agains" e "13 stitches" che canto regolarmente sotto la doccia e che mi hanno fatto scoprire una marea di band e di dischi hc che non conoscevo (le due canzoni sono una sorta di bignami del punk). Però secondo me, in questo album, Mike e soci hanno iniziato ad accusare un po' di stanchezza.

WOLVES IN WOLVES' CLOTHING - Siamo nel 2006 e il mio rapporto coi NOFX è un po' meno solido. Addirittura l'album lo compro su ebay a qualche giorno dalla sua uscita, evitando il solito stalkeraggio ai danni del negoziante di dischi di turno. Eppure "Wolves in wolves' clothing" è un gran disco. Molto meglio del suo predecessore, ma forse va anche oltre "Pump up the valuum". I testi sono sempre più lunghi, corposi e ben scritti, ma anche le melodie fiche non mancano. Probabilmente siamo di fronte al disco più sottovalutato dei NOFX e Mike lo ricorda spesso nelle interviste. Non lo dico perché anch'io all'epoca l'abbia un po' snobbato, ma perché tutti, forse, in quel 2006, avevamo delle cose più interessanti da fare che appassionarci all'ennesimo disco (bello) dei nostri beniamini. "The Marxist brothers", titolo e testo geniali, è una presa per i fondalli degli ex amici (poi faranno la pace, he) Propagandhi, che avevano polemizzato con Fat Mike per "Rock against Bush" e poi lo avevano perculato in un pezzo del loro ultimo album, dicendogli in sostanza che se il punk era diventato così innocuo (domanda che lo stesso Mike si poneva nel primo brano di "War on errorism") la colpa era anche sua. Comunque: belle canzoni e bei testi, in questo disco. Non sottovalutatelo, mi raccomando.

COASTER  - Ci vogliono quasi tre anni (2009) per fare uscire "Coaster", anche se in mezzo ci sono i soliti singoli e progetti folli della band. Il disco, per una volta, è davvero una mezza delusione. Intendiamoci i pezzi non sono da buttare, ma dopo 25 anni i NOFX cominciano a usare un po' di mestiere. L'ho risentito recentemente e come tutti gli album della band post '92 suona bene: è compatto e melodico. Ma le canzoni sono un po' anonime (a parte rare eccezioni come "My orphan year"). I NOFX sono punk di mezza età, che hanno fatto i soldi (e non c'è niente di male in tutto questo). Però è chiaro che la benzina non può durare per sempre e in qualsiasi condizione. Detto questo meglio "Coaster" di "Liberl animation" e "S&M airilines" (dai, scherzo, su!).

SELF ENTITLED - Oltre al titolo geniale, quest'album del 2012, a mio modesto parere, rappresenta la vera resurrezione dei NOFX. Mike ha appena divorziato e se ne esce fuori con un disco difficile proprio perché nasce da una situazione di grande sofferenza. Anche il suo rapporto con le droghe, da qualche anno a questa parte, è diventato molto più intenso, e il risultato di questa miscela esplosiva è un album cupo, ma molto bello e granitico. C'è la solita satira senza compromessi ("72 Hookers"), ma ci sono anche pezzi che parlano senza remore dei suoi casini coniugali ("I've got one Jealouse Again, again" riaggiorna la precedente dichiarazione d'amore alla moglie diventata adesso ex). Ma "Sel Entitled" è un album che va ascoltato tutto insieme, senza prendere i pezzi qua e là. I brani sono ruvidi e veloci. Non ce n'è per nessuno.

FIRST DITCH EFFORT - Dopo un disco bello ma sofferto come il precedente il futuro dei NOFX (di questi NOFX) appariva piuttosto fosco: sciogliersi, pubblicare un album orrendo (tipo quello dei Green Day), piangere la morte prematura di Fat Mike (lanciato a mille nella sua esplorazione a tutto tondo delle sostanze più disparate). Erano queste, più o meno, le opzioni sul tavolo che i fan della band stavano vagliando. E invece questi vecchi punkettoni ciquantenni se ne sono usciti fuori, nel 2016 e quindi quasi quattro anni dopo "Self entitled", con un'altra bomba. Tredici pezzi stupendi, marci, sporchi, sinceri, addirittura cattivi (come nei pochi secondi di "Happy father's day" in cui Mike insulta il padre morto qualche anno prima): un vortice di hc melodico (moooolto melodico) in cui le canzoni restano il perno fondamentale. Perché sembra banale dirlo, ma i pezzi sono belli e ben scritti, tanto che "First ditch effort" appare, sin dal primo ascolto, come uno dei lavori migliori in assoluto sfornato dai NOFX, anche se è stato registrato in un momento piuttosto complesso per la band. Che bellezza: ho finito questo lunghissimo post inutile.




1 commento:

  1. Siamo agli antipodi, io odio wolves in wolves clothing e adoro S&M :D

    RispondiElimina