giovedì 12 aprile 2018

Un po' di recensioni a babbo/4 La versione di bandcamp

Musica da bandcamp. Mi verrebbe quasi da chiamarli così (anche se il termine è oggettivamente orrendo) certi ascolti recenti. Parlo soprattutto di dischi nuovi su cui non sono ancora riuscito a mettere le mani e che muoio dalla voglia di sentire. E così, in attesa di recuperare venile o cd (e di avere anche qualche palanca per comprarli) mi accontento di soddisfare la mia curiosità buttandomi sul maledettissimo streaming. Certo, per un tossico del disco come il sottoscritto mettersi ad ascoltare musica al computer è come rifilare un cono gelato a un eroinomane, però non è che si possa sempre svortà (come dice il poeta). E quindi si fa quel che si può. Qui sotto trovate le mie solite vaccate su alcune cose ascoltate ultimamente grazie "all'internet".

Plutonium Baby -  Blast! Sci_fi music for contemporary freak


Più invecchio più penso che il punk sia tutto fuorché un genere musicale ben definito. E anche se amo ancora ascoltare "il rock'n'roll sporco e pulcioso suonato a mille all'ora" di molte band, resto un grande appassionato di tutti quei gruppi irregolari che finiscono (o sono finiti) nel calderone punk perché difficili da classificare, urticanti, incasinati, rumorosi e "sperimentali" (lo so, è un termine insensato e fuorviante, ma tant'è...). Prendiamo, per esempio, i Plutonium Baby di cui Area Pirata ha appena pubblicato l'ottimo disco "Blast! Sci_fi music for contemporary freak": la musica di questo terzetto romano mescola sintetizzatori deliziosi, chitarre metalliche e voci maschili e femminili che si rincorrono all'impazzata, come se fossero una sorta di Epoxies più sporchi e contorti. Dodici pezzi ficcati dentro un frullatore di suoni fantascientifici e sintetici, senza per questo rinunciare al rock'n'roll più basico e cavernicolo (i Devo che coverizzano i Cramps?). Ma al di là delle suggestioni che si possono utilizzare per provare a descrivere la musica dei Plutonium Baby, diciamo che parlare di punk, in questo caso, è più che giustificato. Anche perché se c'è una cosa che considero fondamentale per essere etichettati in questo modo è il senso di angoscia e frustrazione che certe pezzi riescono a trasmettere. E con i Plutonium Baby su questo terreno andiamo sul sicuro. Insomma, un album inaspettato e magnifico.


Labradors - Future ghosts
La prima volta che ho sentito i Labradors è stato a un loro concerto un bel po' di anni fa (2013?). Erano i tempi del primo album (che ancora mi piace un casino), ero a Varazze, era estate e mi trovavo a un super festival pieno di gruppi fighi, fra cui i Labradors, appunto, e i Faz Waltz. Alla fine del concerto sono corso a comprarmi i dischi di entrambe le band e al banchetto (o forse qualche giorno dopo su Facebook) mi sono buttato nei miei soliti discorsi contorti, finendo per dire che i Labradors mi ricordavano un grandissimo e a mio avviso sottovalutatissimo gruppo di cui avevo purtroppo perso le tracce, i Suinage. A quel punto qualcuno mosso a compassione mi ha rivelato che si trattava praticamente della stessa band, ma con un nome diverso (sto semplificando, he). Insomma amavo i Labradors ancora prima di averli sentiti e da quel momento ho continuato a seguirli con una certa costanza (li ho visti dal vivo almeno altre due volte). E visto che proprio in questi giorni la band ha sfornato un disco nuovo di zecca mi sono subito fiondato su bandcamp per sentirlo in anteprima. "Future ghosts", è questo il titolo dell'album uscito per To Lose La Track, va decisamente oltre quel power-rock dei loro primi lavori (che a qualcuno ricordavano un po' i Foo Fighters degli esordi ma con un pizzico di punk in più). Le canzoni, infatti, virano verso un rock più variegato, compatto e chitarristico, possono contare su suono bello pieno e ricco e decisamente meno punk di un tempo. Anche se forse, detta così, rende davvero poco. Ma non è facile descrivere questo nuovo lavoro dei Labradors utilizzando le solite categorie da finto critico musicale. Quindi diciamo subito che "Future ghosts" è un gran disco. Perché su questo non ci possono essere fraintendimenti. Se proprio volessimo fare dei paragoni, questo nuovo album suona molto "mouldiano", nel senso mi sembra piuttosto vicino al modo di comporre di Bob Mould, sia con gli Sugar sia nella sua versione solista (mentre la componente Husker Du, band che immagino rappresenti una grande influenza per i Labradors, si sente molto meno rispetto ai tempi dei Suinage). Pezzi come "Apart", con il suo crescendo "epico" e le sue chitarre a briglia sciolta o "Wave", che gira tutta intorno a una strofa molto melodica e impossibile da dimenticare, sono alcuni degli episodi migliori di un disco che va ascoltato tutto, dall'inizio alla fine. Atmosfere malinconiche si alternano a improvvise sgasate melodiche, come un ibrido fra power-pop, post-rock ed emo-core di fine Novanta.


Radio Days - El Delfin Y El Varano

E chi se l'aspettava questa svolta dai Radio Days? Intendiamoci: stiamo pur sempre parlando di una delle mie band preferite in assoluto (dico davvero, he). Un gruppo che mi ha letteralmente aperto un mondo facendomi conoscere, con colpevole ritardo e alla veneranda età di 25 anni (si parla di circa 10 anni fa) il power-pop. Quindi, al di là della mia passione sfrenata per Bare, Paco e Dario, ho un forte debito di riconoscenza nei loro confronti (come ce l'ho per i Giuda sul fronte del glam). Ma è chiaro che appena ho ascoltato questo nuovo ep pubblicato in occasione del recente tour spagnolo della band sono rimasto subito spiazzato. Perché in questi 4 pezzi (3 originali e una cover) del power-pop travolgente che ha sembra caratterizzato i Radio Days non c'è praticamente più traccia. Insomma, la band ha cambiato (quasi radicalmente) il proprio sound. Almeno per questo mini. E se devo essere sincero non è stata una brutta scelta. "El Delfin Y El Varano" infatti suona benissimo e nonostante resti dell'idea che album come "Midnight cemetery rendezvous" (che dovrebbe essere ristasmpato in vinile a breve) e "Back in the day" rimangano dei veri capolavori, anche in questo caso ci troviamo di fronte a materiale si altissima qualità. Si parte subito con una sferzata garage "alla vecchia" grazie alla sferragliante "Time is over". Con la seconda traccia si passa invece al pop delicato di "Sometimes": una ballata alla Kinks con qualche reminiscenza lennoniana. Il terzo pezzo è la cover di "I wanna be your boyfriend" dei Ramones che i Radio Days suonano da qualche tempo dal vivo (e che è sempre un bel sentire), mentre il finale riserva ancora una volta una sorpresa: un pezzo surf strumentale lungo quasi quattro minuti, che proprio non ti aspetti. Siete rimasti choccati? State tranquilli, "El Delfin Y El Varano" è un bellissimo ep, variegato ma molto personale. Ma se si tratti dell'inizio di un'interessantissima svolta o soltanto di un episodio isolato è presto per dirlo. Comunque vada, però, i Radio Days restano uno dei migliori gruppi italiani degli ultimi 10 anni.



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