The Mads - The orange plane
I Mads non sono solo una storica band mod revival italiana, sono probabilmente la prima band mod revival italiana. Si sono formati nel 1979, quando da noi il punk era ancora un oggetto misterioso - sarebbe realmente esploso nell'80, a parte i soliti pionieri - e dei Jam si sapeva poco e niente. Purtroppo, come accade spesso ai precursori, la band milanese durò lo spazio di qualche anno (fino al 1983), lasciando pochissime tracce di sé. Qualche tempo fa però ecco la svolta: alcuni storici pezzi dei Mads vengono finalmente pubblicati, la band si riforma, scrive alcune nuove canzoni e inizia a suonare in giro (mi è capitato di vederli pure a Genova e ne sono rimasto folgorato). Oggi, dopo sei anni di attività e una manciata di ottimi singoli, i nostri sono arrivati al traguardo del disco sulla lunga distanza. A pubblicarlo è - naturalmente - Area Pirata che li ha seguiti passo passo in questa seconda visita musicale. "The orange plane" è un album dai perfetti incastri pop, forte una spiccata vena anni Sessanta, ma con uno sguardo attento al mod revival dei primi Ottanta e al power-pop di quegli stessi anni. Anche perché questi due "generi", soprattutto all'inizio, si sono molto spesso contaminati e sovrapposti, regalandoci grandi band e ottimi dischi. E i Mads si infilano proprio in questa illustre tradizione. "The orange plane" è ricco di melodie limpide, chitarre pulite, armonie vocali irresistibili e coretti. Un disco perfetto per l'estate, curato nei mini particolari, grazie anche a degli ottimi arrangiamenti. Sarà difficile scollarlo dallo stereo o dall'autoradio. Gioielli di tale caratura sono sempre più rari.
Killer Klown - Crappy Circus
I Killer Klown sono sempre stati una band disturbante. E lo confermano anche oggi, a 24 anni di distanza dalla loro prima prova in saletta e a 7 anni dall'ultimo album "Born to rock!!!". "Crappy circus", infatti, pubblicato da Area Pirata, è una poltiglia maleodorante di musica fragorosa e dissonante, una raccolta di canzoni sporche e urticanti dal sapore garage-punk. Stooges e Cramps, come dice la scheda di presentazione del disco, sono sicuramente i numi tutelari dei Kliler Klown, ma dentro le pieghe di questo marcissimo lp dai suoni deraglianti si sente anche una pesante influenza di tutto quel microcosmo di band urgenti e deliziosamente scalcagnate che Lenny Kaye aveva raccolto nella compilation Nuggets quasi 50 anni fa (era il '72, gente). Question Mark and the Mysterians e The Seeds sono i primi nomi che mi vengono in mente, anche per quel retrogusto "oscuro" che sapevano imprimere al loro rockn'roll carvernicolo e che la band torinese riesce a restituirci con una buona dose di personalità. Un impasto delirante e dolcemente rumoroso, con l'organo suonato a cannone, come fosse una chitarra elettrica. L'unico pezzo che non mi convince appieno è l'incipit "Circus", una lunga intro claunesca che si trascina per troppo minuti. Il resto dell'album però è un frutto golosissimo di punk putrescente lanciato a mille.
The Celibate Rifles - Roman beach party
L'Australia è sempre stata una terra fertile per il rock'n'roll. E non parlo solo di gruppi blasonati come gli AC/DC (che a me, detto francamente, non fanno manco impazzire). Mi riferisco a una messe di band incredibili come Saints, Radio Birdman (comprese tutte le loro emanazioni, dai New Christs ai Visitors) e all'incredibile scena degli Sharpies. Insomma quando un gruppo rock arriva dalla terra dei canguri, solitamente, c'è parecchio da godere. E anche i Celibate Rifles non fanno eccezione. Magari sono meno blasonati dei loro già citati contemporanei Saints e Radio Birdman, ma comunque restano uno vero e proprio punto di riferimento per la scena figlia del punk che si è sviluppata negli anni Ottanta in Australia. "Roman beach party", loro quarto album fuori catalogo da tempo e ristampato dai ragazzi di Area Pirata con tanto di note e intervista esclusiva a Kent Steedam e Damien Loverick a cura dell'ottimo Roberto Calabrò - che conosce a fondo la materia e ha scritto un libro capitale come "Eighties Colours" - suona fresco e ruspante come se fosse stato inciso oggi. Lunghe schitarrate rock, quasi desertiche, si alternano a pezzi adrenalinici figli del punk 77. Perché il bello dei Celibate Rifles è che appena pensi di averli inquadrati estraggono fuori dal cilindro un pezzo come "Ocean shore": indolente, velenoso e tribale come "Dirt" degli Stooges. "Strange days, strange nights" è invece un brano punk costruito su un riff minimale che non ti si stacca dal cervello, mentre l'apertura del disco (questa ristampa è un lussuoso vinile 180 grammi con copertina apribile) è affidata all'assalto di "Jesus on tv", puro rock australiano deviato. E se "(It's such a) wonderfull life" ha un ritornello melodico piuttosto immediato e una strofa alla Sex Pistols, il finale strumentale affidato a "Frank Hyde (Slight return)" riesce a ipnotizzarti dal primo all'ultimo minuto. "Roman beach party" è uno di quei dischi perduti, che per troppo tempo sono rimasti un piccolo culto per una manciata di appassionati. Se i giovani punk degli anni dieci (sempre che esistano) vogliono trovare le radici di ciò che ascoltano si procurino questo disco stellare e lo sentano fino alla nausea, come se fossimo nel 1987.
Attenzione capolavoro. E non è perché Michele e Fabio (la voce e le basi che animano questo strampalato progetto musical-situazionista) siano due miei grandi amici. Lo dico perché mi pagano a peso d'oro. Giusto l'altro ieri ho ricevuto un bonifico sul mio conto alle Cayman di 1235432 milioni di euro e adesso sono pronto a tessere le lodi di questo disco. "Direcciòn Destroy" è la roba più assurda e divertente che vi possa capitare di ascoltare da qui ai prossimi mesi. E' il disco dell'estate per eccellenza, anche se dell'85 in Italia o del '92 in Spagna. Le canzoni, sei perle di italo disco che citano senza pensieri i Righeira e i Fratelli La Bionda, mescolano dance vorticosa a liriche in spagnolo. Ma la cosa più assurda, insensata e al tempo stesso pazzesca è che i testi di ciascun brano sono un omaggio alla Spagna degli anni ottanta-novanta e alle storie di sballo e di tamarri che tra Valencia, Benidorm e la Costa Blanca hanno animato una delle stagioni più spensierate del post franchismo. La generazione di discotecari che cavalcava le onde della dance 25-30 anni fa era quella nata alla fine delle dittatura ed era ricca di personaggi, luoghi e situazioni diventate dei veri e propri simboli nel corso degli anni. E così il nostro sindaco della notte Michele (l'alcalde, appunto), con fascia tricolore e occhialini 3d, ha deciso che, invece, di sparare le solite cazzate in spagnolo maccheronico su una base danzereccia, sarebbe stato più interessante scrivere dei pezzi con testi più articolati; lasciando a Fabio il compito di sfornare le suddette basi danzerecce con il suo proverbiale tocco pop. Il risultato è una roba tamarisssima, ma dannatamente divertente. Un disco da ballare fino a vergognarsi si se stessi. Tanto che sarebbe bellissimo se l'Alcalde spopolasse veramente nelle discoteche di tutta Italia e facesse muovere il culo e le braccia a migliaia di truzzi (veri) che, puntualmente, ogni estate, si mettono la camicia bianca aperta fino a metà, si impiastricciano di gel puzzolente i capelli pettinati a corona e indossano scarpe sportive da 500 euro sull'unghia minchia zio. Sarebbe una cazzo di vittoria per tutti se Michele e Fabio sbancassero il banco e facessero seriamente il botto. D'altra parte questo disco ha pezzi da sturbo come "De fiesta en Benidorm" (la base è stupenda) e "Yo soy un quinqui" (che tra l'altro si porta dietro una storia pazzesca sui piccoli delinquenti che trent'anni fa, per una stagione, misero a ferro e fuoco la Spagna). Lasciatevi travolgere dall'ignoranza più pura e pompate al massimo l'album dell'Alcalde! https://alcaldedelanoche.bandcamp.com/releases
Nessun commento:
Posta un commento