lunedì 15 ottobre 2012

La regola del gioco

Giovedì scorso - voi avete tempo fino al 21 ottobre, quindi andate, sbrigatevi, correte - sono andato a vedere "La regola del gioco" di Elisa D'Andrea, regia di Emanuele Conte al Teatro della Tosse. Aprire una stagione con il testo di un'esordiente - anche se Elisa non è certo l'ultima arrivata - è stata una vera e propria scommessa. Ma quando uno spettacolo è bello, ben scritto, ben recitato e ben messo sul palcoscenico ci sono pochi cazzi: funziona. Ed è così che è andata per "La regola del gioco". Una rappresentazione carveriana mi verrebbe da dire, veloce come un colpo di pistola, che fotografa la vita di tre coppie (o forse quattro) in un attimo fuggente della loro esistenza. Due anziani, due ragazze lesbiche e un marito, una moglie e un'amante (anche se all'inizio aleggia persino lo spettro dell'amante di lei). Insomma il gioco dell'amore con soggetti e regole diverse, tanto per riprendere il titolo dello spettacolo, con dialoghi diretti e asciutti quanto una scenografia azzeccata: sette sedie bianche e le assi del palcoscenico nude e crude.
Il piccolo mondo contemporaneo dei protagonisti è fatto di litigi, speranze, abbracci e rifiuti, pensieri detti ad alta voce, routine dilanianti e promesse. Mentre due di loro parlano gli altri continuano silenziosamente a portare avanti la loro vita e, su un grande schermo alle spalle degli attori, scorrono capovolte le immagini di ciò che lo spettatore vede realmente. Una sorta di raddoppio di quello che avviene in scena, mentre le luci inquadrano via via i protagonisti, lasciando gli altri nell'ombra. Elisa non intende dare alcuna lezione. Ritaglia un pezzo di vita da ciascun personaggio e ce lo racconta. La forza dello spettacolo, come appunto i libri di Carver e di altri "veristi" contemporanei, non sta nella storia in sé, ma nelle parole e nella bellezza della semplicità umana. Certo poi ci sono trovate che tengono desta l'attenzione dello spettatore come la "teatralizzazione" degli sms (scopritelo da soli), ma il succo è che quando si accendono le luci, gli attori fanno gli inchini di rito e cala il sipario: ne vorresti ancora. Anche la fine è spiazzante, perché potrebbe essere l'inizio, oppure il centro di un'altra storia.
Il fulcro de "La regola del gioco" è la famiglia sgretolata e frammentata di oggi. Le diverse derive dello stare in coppia, sia fisicamente sia mentalmente. Ma c'è anche una dilaniazione continua dell'essere umano di fronte alla vita. Un pezzetto di noi in ognuno dei personaggi, che nel silenzio del teatro sembrano parlarci personalmente. Anche gli attori (Silvia Bottini, Linda Caridi, Bruno Cereseto, Sara Cianfriglia, Andrea Di Casa, Sara Nomellini e Lucia Schierano) sono bravissimi. Perché per mettere in scena uno testo così, paradossalmente, bisogna essere il meno teatrali possibile e rimanere umani al cento per cento.
E poi dove lo trovate uno spettacolo che inizia con la musica dei dEus? Fatevi un favore: andate alla Tosse e godetevi questo racconto. Se sottoscrivete la tessera sostenitori "Cantiere Campana" e avete meno di 28 anni l'ingresso costa persino poco. Altrimenti bevetevi due aperitivi di meno e andate a vedere "La regola del gioco". Non stasera, certo, che è lunedì e il teatro è chiuso, ma da domani e per tutta la settimana. L'appuntamento è alle 20,30. Dopo il teatro avrete anche il tempo per andare a casa a fare l'amore.


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