mercoledì 14 marzo 2018

Di cosa parliamo quando parliamo di "Labbra" di Irene Lamponi

Non ho quasi mai parlato di teatro su questo blog, ma credo che sia giunta l'ora di farlo più spesso. Anche perché ho avuto la fortuna di assistere, ormai una settimana fa, a uno spettacolo incredibile come "Labbra" di Irene Lamponi, che oltre a curare la regia è anche una delle due interpreti insieme alla bravissima Valeria Angelozzi. "Labbra", volendo semplificare, parla di amore e sesso senza troppi tabù, ma lo fa con una grazia e una serenità travolgenti. Naturalmente si ride (e pure parecchio), ma ci si commuove anche, si soffre e ci si riconosce. Persino se le protagoniste sono due ragazze alle prese con i rispettivi problemi di coppia o due vagine parlanti che reclamano un po' di rispetto dalle proprie "padrone" (all'urlo catartico "voglio profumare di fica" è scattata la standing ovation), mentre tu, che sei seduto al buio e ti bevi un gin tonic, sei un trentenne, maschio, etero, gay, italiano, straniero: insomma apparentemente un'altra cosa. "Labbra" non è uno spettacolo di genere (maschile/femminile, intendo). Parla di donne, certo, ma parla soprattutto di noi; delle nostre paure, del nostro rapporto con gli altri e finisce affrontando un tema serio come quello della violenza sessuale. Lo spettacolo è diviso in tre parti, distinte ma necessarie. Nella prima, ambientata nel bagno di una casa, due ragazze chiacchierano dei loro rispettivi compagni mentre si depilano, si truccano e si vestono. Nella seconda parte, come detto, Lamponi e Angelozzi diventano il "volto" e la voce di due vagine (con la testa che spunta dalle sagome di cartone di due donne). Nel terzo e ultimo blocco, infine, si parla di violenza sessuale e della strumentalizzazione che in alcuni casi i media fanno di queste vicende.
In poche parole: si inizia ridendo e si finisce con un nodo alla gola e un vuoto tremendo. Ma la forza di questo spettacolo non sta solo nei temi affrontati (il sesso senza tabù, ma anche la tragedia dello stupro): ciò che rende davvero unico "Labbra" è la fisicità dei dialoghi scritti da Irene Lamponi, che con una sincerità e una crudezza disarmanti riesce a raccontare e dare forma alla nostra intimità. D'altra parte Irene (che conosco da qualche anno e che seguo attentamente) ha già dimostrato altre volte di avere una marcia in più come autrice - se non avete visto il suo piccolo grande capolavoro "Tropicana" fatelo alla prima occasione - ma con "Labbra" - realizzato in collaborazione con in il Teatro della Tosse e il Centro sociale Zapata - ha raggiunto una maturazione ulteriore. Lo spettacolo, in realtà, se non ricordo male, era nato parecchi anni fa al Teatro dell'Ortica, ma col passare del tempo è stato aggiornato, limato e modificato. E il risultato è impressionante.
Oltre che su un ottimo testo "Labbra" può contare anche su una recitazione di alto livello. Lamponi e Angelozzi sono una coppia formidabile: hanno tempi perfetti e quel tono scanzonato e scazzato che ti permette subito di entrare in sintonia con loro. Riescono a farti ribaltare dalla risate, ma sanno anche inchiodarti alla sedia quando il racconto diventa più scuro e tragico. Irene, nella prima parte, veste i panni di una ragazza impegnata politicamente piena di dubbi e insicurezze sul rapporto di coppia; il personaggio interpretato da Valeria è apparentemente la sua nemesi, ma dietro una patina più frivola, nasconde molti problemi irrisolti: quasi due stereotipi dai quali si sviluppa una storia originale e coinvolgente. Qualcuno, soprattutto guardando alla seconda parte, potrebbe pensare ai famosi "Monologhi della vagina" e forse non avrebbe tutti i torti. Ma fermarsi qui sarebbe assai superficiale, perché "Labbra" ha uno stile talmente personale da impedire qualsiasi paragone. E' uno spettacolo "politico" senza alcuna presunzione, è diretto e crudo senza essere volgare, più che comico è pirandellianamente umoristico.






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