martedì 3 aprile 2018

Un po' di recensioni a babbo/ 3 Ma c'è molta roba vecchia

E' un bel pezzo che non scrivo con regolarità su Hello Bastards (inizia così almeno la metà dei miei post) e proprio per questo ho in arretrato una bella sequela di dischi - ma non solo - di cui vorrei parlare. Magari anche brevemente, così evito di rompere le scatole ai quei quattro fuori di testa che ancora leggono le mie stronzate (lo so che lo fate solo perché siete segretamente innamorati di me!). Insomma, al di là del mio proverbiale braccino corto, in queste settimane mi sono passati per le mani un po' di album interessanti. Ed ecco, veloce come lo struzza, qualche considerazione tanto al chilo.

Briefs - Off the charts e Steal Yer Heart
I Briefs sono una delle mie nuove-vecchie ossessioni. Li avevo conosciuti grazie al libro "100 dischi ideali per capire il punk" del buon Gilardino (che ho sempre considerato il mio Vangelo) e avevo recuperato il primo e terzo album beccandoli usati rispettivamente a una fiera e durante il mio primo viaggio a Londra. E anche se mi erano piaciuti parecchio (soprattutto l'esordio "Hit after hit") non avevo mai completato la discografia. Un errore madornale a cui ho riparato solo di recente, in piena foga Dirtnap (anche se per quest'etichetta sono usciti soltanto i primi due lp). In poco tempo e con pochi soldi mi sono portato a casa i due tasselli mancanti: un paio di album da paura, che consiglio a tutti gli amanti del punk 77 e del power-pop più sporco e malato (ma che ve lo dico a fare?). Soprattutto "Steal Yar Heart" - il loro ultimo lavoro - che è uno dei quei dischi il cui successo (quasi nullo, direi) è inversamente proporzionale alla sua bellezza. Qui i Briefs hanno raggiunto l'apice della loro formula fatta di chitarre rock'n'roll marce e melodie stupende, suonate e cantate a rotta di collo. Un disco sottovalutatissimo e da ascoltare cento volte al giorno. Ottimo pure il secondo "Off the charts", anche se un pizzico meno leggendario del loro canto del cigno e forse un po' più ruvido.

Bee Bee Sea - Sonic Boomerang
Ho scoperto i Bee Bea Sea grazie a Jean di Bang Bang Radio (con cui ho fatto una puntata del mio programma su Radio Gazzara, che si chiama - pure quello - Hello Bastards, visto che sono un tipo fantasioso). Vengono da Mantova e suonano un garage lo-fi melodico e indolente, dannatamente delizioso. "Sonic boomerang" è il loro secondo disco ed è straconsigliato a chi ama le chitarre sporche, ma ha un'insana passione per il pop. Non credevo che in Italia ci fossero band così, pensavo - stupidamente - che potessero nascere solo in una terra crudele e bellissima come la California. E invece sticazzi.

Kidnappers - Will protect you
Ogni volta che Franz arriva in città con la sua distro è una festa. Magari non per il mio portafogli. Ma questo è un altro discorso. Il fatto è che quando mi immergo nel suo scatolone dei dischi trovo sempre della roba che non conosco e che finisce per piacermi alla follia. E così è stato anche in occasione del concerto dei K7's. Questo disco, in particolare, sui cui Gabry mi aveva messo in guarda (ma ormai lo so che abbiamo gusti differenti, quindi dobbiamo fare la tara sui consigli che ci diamo reciprocamente) trovo sia stato un acquisto super azzeccato. Anche i Kidnappers suonano un mix di garage melodico venato di pop-punk: tutte cose,  mi rendo conto, che piacciono ormai a pochissima gente. Quest'album, tra l'altro, è di 8 anni fa e dire che sia passato inosservato è un eufemismo. Eppure, diavolo!, soltanto l'opener "Milkshake" dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell'umanità. Storie minime e melodie celestiali, noncuranza e bellezza assoluta. Un album che vive di grandi contrasti, ma che per quanto mi riguarda resta un piccolo capolavoro.

The Hex Dispenders - s/t
"Ma come, non conosci gli Hex Dispensers?". Quando Franz (ok, lo so che sembro fissato) ti dice una cosa del genere finisce che ti fai piccolo piccolo e abbozzi un sorriso, agguanti più in fretta che puoi il disco e speri che nessuno in giro abbia registrato la conversazione e possa utilizzarla per ricattarti. Cazzate a parte il primo lp omonimo di questa band che fino a poco tempo fa ignoravo bellamente è un bel mix di Ramones, Misfits e Groovie Ghoulies. Pop-punk oscuro e darkeggiante, come una giornata d'agosto in spiaggia con le nuvole e il venticello che ti pizzica la pelle nuda. Un altro bel disco vecchio (siamo addirittura nel 2007 e la band si è sciolta da uno o due anni) che sta monopolizzando il mio stereo. Pure la copertina spacca.

Cambrian - Mobular
Di solito, da questi parti, quando si parla di musica (cioè praticamente sempre) si tratta, al 90%, di punk. Ma in questo caso ci troviamo a fare i conti con quel 10% che mi ritaglio - orrore - per altri generi, come fanno alcuni quotidiani sportivi italiani con tutto ciò che esula dal calcio. "Mobular" dei Cambrian, però, non è uno di quei dischi "diversi dal solito" da una botta e via. E' un album bellissimo. Ed è pazzesco che possa piacere a un cazzone come il sottoscritto. Anche perché, udite udite, si tratta di un disco strumentale di 5 pezzi, con durate monstre di 9 o 8 minuti (anzi il secondo brano supera persino gli 11 minuti). Roba proibitiva, sulla carta. E allora come diavolo fa a piacermi quest'album, pubblicato dagli infaticabili ragazzi di Taxi Driver? Semplicemente perché è un disco incredibile, che mescola il doom (ommiddio) a un ingrediente insolito e formidabile: la musica hawaiana. Lo so che sembra una roba folle e in effetti lo è. Ma vi sfido a immergervi in questo oceano di suoni liquidi e pesantissimi, come un vecchio vascello che affonda a due passi dalla spiaggia. Fabio Cuomo, Boggio Nattero e Stefano Parodi hanno realizzato un'opera unica nel suo genere, da ascoltare a ripetizione e senza mai stancarsi. Copertina da 10.






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