martedì 9 giugno 2020

Un po' di recensioni a babbo/18 Maggiorenne da vent'anni

Il lockdown probabilmente non mi ha reso migliore. Sicuramennte non ha avuto effetti positivi sulla mia proverbiale lentezza. Quindi ecco una manciata di rencesioni che avrei dovuto pubblicare un paio di settimane fa. Dischi davvero clamorosi che vi consiglio caldamente. Ok, qualcuno dirà: ma minchia ti piacciono sempre tutti? No, è che di solito le ciofeche si fermano prima di arrivare al mio stereo. E a meno che non facciano cagare al cubo - e allora mi diverto - non perdo tempo a scriverci sopra neppure mezza riga.

La Furnasetta/Sara Ohm – Bat Kvinnor split tape
Lo split tape tra la Furnasetta (la band avant con base a Casale Monferrato, che i due lettori di questo blog ormai hanno imparato a conoscere) e l'artista svedese Sara Ohm sembra rispondere a una delle domande più leziose degli ultimi anni: come suonerebbe oggi il nuovo punk? Probabilmente così. Sempre che, quando parliamo di punk, intendiamo qualcosa che vada al di là dei rigidi canoni musicali e privilegi piuttosto l'aspetto spiazzante, urticante e rivoluzionario. Ma come detto la domanda è leziosa. E anche la risposta non è da meno. Di certo il nuovo punk non è la trap. Almeno questo consentitemelo. Tornando al disco in questione – pubblicato su cassetta da Industrial Coast, ma voi potete ascoltarlo separatamente in streaming sulle due pagine bandcamp della Furnasetta e di Sara Ohm - l'atmosfera generale che pervade “Bat Kvinnor” è decadente e apocalittica. Lo so che si tratta di due elementi molto diversi tra loro e poco conciliabili, ma quando sento l'incedere tribale di “Italian spread it better” (titolo geniale) sostenuto dalla voce lamentosa di Zen-Ga – quasi un omaggio a “Penis envy” dei Crass – e i rumori da discoteca siderurgica di “New possibilities” mi sembra di essere di fronte a un manifesto politico, che recupera la radicalità del passato, filtrandola con i suoni del futuro. “Flowers on the loose” è minimalismo allo stato puro, come una navicella perduta nello spazio, la cui eco arriva flebile sino a noi. “Trapped under ice” è una radio impazzita dai toni glaciali, mentre “Brass tactics” è una viaggio elettronico-psichedelico tra curve e tornanti, che termina con i rumorismi di “Absestos rescue” - che cita la label di Casale che produce gran parte dei lavori della Furnasetta e che ha registrato questo lato dello split –: un pezzo rovente di industrial, che assomiglia a un match di lotta a mani nude.
Il secondo lato dello split è quello musicalmente più politico. Sara Ohm non è solo una musicista, ma anche un'attivista (almeno, così credo di aver capito) e il suo noise-punk sperimentale è la colonna sonora perfetta della rivolta. Suoni monotoni e martellanti soffocano le urla di “Girl, you are a human now” (altro titolo bellissimo). “Future” è una cantilena lontana, che si perde in spazi vuoti e angusti e che, anche quando esplode, resta sepolta sotto coltri di feedback. “Scum/Vs” sembra quasi la registrazione su cassetta e in presa diretta di un vecchio concerto hardcore trasmesso alla radio. Il nastro è consumato dal tempo e dagli ascolti, ma in lontananza si sentono il furore e la rabbia, nonostante la ricezione disturbata. I fischi e i larsen che accompagnano tutto il lato di Sara Ohm aumentano di intensità in “Images of you”, un brano costruito su una voce ossessiva e ansiogena. Chiude il lato e il disco “Confront them”, il pezzo più violento e dissonante dell'intera tape. Anche qui si sento l'eco dei Crass e in particolare della già citata parte femminile del collettivo anarcho punk inglese. Una chiusura del cerchio per l'album (visto che si ricollega – almeno secondo me – a “Italian spread It better” della Furnasetta) ma anche per l'intero progetto che vi sta dietro. La nuova radicalità musicale è anche un fatto politico e “Bat Kvinnor” ha il gusto acido dei lacrimogeni che atterrano sull'asfalto.

Bag of Snacks – Paper girls
Paolo Meranda è uno dei tipi più punk che conosca. Non perché abbia il moicano verde, indossi ogni giorno il giubbotto di pelle o beva una bottiglia di gin la mattina, appena sveglio. Anzi se vi capitasse di vederlo a un concerto e vi venisse in mente di offrigli da bere ricordatevi che non tocca una goccia d'alcol neppure a capodanno. Quello che fa la differenza, per quel che mi riguarda, è il suo approccio alla musica. Paolo non è uno che sta troppo a menarsela e quando ha un'idea mette su una band e nel giro di qualche settimana ha già pronto un disco. Musica veloce e urgente, suonata con una spontaneità (che se fossimo dei fricchettoni definiremmo spontaneismo) davvero micidiale. Tra i suoi tanti progetti – quasi tutti improntati a un rock'n'roll sporco e travolgente – Bag of Snack è forse quello che mi piace di più (e già ero un fan accanito di Ase e dei Kinn-Oks, che ho recensito il mese scorso). Il disco – coprodotto da una serie di piccole etichette tra cui la genovese Flamingo Records, che non sbaglia mai un colpo – è un lussuoso picture disc serigrafato e registrato su unico lato, con dodici pezzi spettacolari che, in un solo caso, superano i 2 minuti di lunghezza (“Come on!” dura appena 14 secondi). Il titolo dell'album, “Paper girls” è anche il manifesto del concept attorno al quale girano le canzoni (he sì, anche i punk sanno fare i concept album, ma durano come un solo pezzo prog). I nostri, infatti, hanno deciso di dedicare ogni brano a una diversa eroina dei fumetti, meglio se erotici o porno. Il risultato è da 10 e lode e una parte del merito è anche dello splendido artwork di Delicatessen. Alla solita furia iconoclasta tipica dei gruppi del Merenda, questa volta si aggiunge anche un pizzico di vena melodica in più, merito degli altri due componenti della band: Rudelph al basso e cori e Denny alla batteria e alle doppie voci. Il mio pezzo preferito è “Paper girl” (la title track) con i suoi coretti surf irresistibili, ma tutto il disco è una vera bomba. Immaginate le canzoni dei Queers cantante con la voce del cantante degli Zeke: un sogno! I testi sono minali e spesso ruotano intorno a un'unica frase ripetuta per un minuto i mezzo. Il disco è stato registrato in presa diretta, ma suona da Dio e qua e là ci sono piccoli cameo di alcuni eroi del punk italiano come Mauro Codeluppi dei Raw Power, Paolo Ciaccio dei Semprefreski, Lucky del Kid Combo e Alberto Cagnoli de Permanent Scar.

Baby Jesus – Words of hate
“Words of hate” dei Baby Jesus è un disco della madonna. Inutile girarci troppo intorno. La band svedese, con questo suo terzo album pubblicato in vinile dall'italiana Area Pirata, ha fatto centro. Garage, country, surf, power-pop e psichedelia si fondono alla perfezione in un mix perverso e irresistibile, che ricorda i Black Lips più scanzonati degli ultimi bellissimi dischi. L'album è pieno zeppo di canzoni dalle melodie svogliate e sopraffine, suonate con uno scazzo magistrale e una dolcissima indolenza. “Country I C” - la mia preferita in assoluto - “Red fangs”, “Who you are” e la title track “Words of hate” sono dei veri e propri gioielli di rock sfilacciato e zuccheroso, che ti restano addosso come il fumo di una sigaretta puzzolente. “Bjorns” e “No money”sembrano appena uscite da un volume perduto “Nuggets”, mentre il blues-punk malato di “Baked for money” è quasi un'invocazione laica al dio del rok'n'roll. Ma se continuo di questo passo finisce che vi elenco ogni singolo pezzo e mi metto a svarionare come al solito. Il fatto è che “Words of hate” non ha un brano debole neppure a pagarlo. Ogni canzoni vale il prezzo del biglietto. Quindi poche storie: fate vostro questo disco e mi ringrazierete per il resto dei vostri giorni.

AA/VV – Last white X-Mas
Quando si recensisce un disco come “Last white X-Mas”, il doppio cd pubblicato da Area Pirata che cattura il concerto del 4 dicembre 1983 a Pisa in cui hanno suonato alcuni pesi massimi dell'hardcore italiano degli anni Ottanta (quasi tutti del Granducato Hc a parte i Raw Power), si rischia di parlare molto più della portata storica dell'evento, che dei contenuti dell'album. Anche perché questo raduno, al di là dell'aspetto musicale, rappresenta uno dei punti cardine di una storia bellissima e incandescente come quella dell'hardcore italiano e in particolare della scena Toscana. Un avamposto controculturale, che andava sotto il nome del già citato Granducato Hc, all'interno del quale sono fioriti gruppi meravigliosi, sono state date alle stampe fanzine pazzesche e organizzati concerti da capogiro. Insomma un minimo di contestualizzazione è inevitabile. Ma poi bisogna parlare della musica. Anche perché Alessandro Sportelli, che 36 anni fa aveva registrato il concerto e lo aveva affidato allo statunitense Chirs BCT affinché lo pubblicasse in due cassette con la sua etichetta indipendente, ha interamente rimasterizzato i nastri originali. E il risultato ha dell'incredibile. Il suono dei 71 (avete letto bene, 71!) pezzi contenuti in questi due cd è pazzesco. Ruvido e sporco, certo, ma al tempo stesso nitido e pieno di calore. Eppure stiamo parlando di band hardcore punk di quasi 40 anni fa, equipaggiate con strumenti scadenti, dotate quasi tutte di una tecnica elementare e registrate in presa diretta da un gruppo di ventenni. Quel giorno, però, Brontosauri, Jaggernaut, Stato di Polizia, Putrid Fever, Dements, Useless Boys, Wardogs, A'ufchlang, Cheetah Chrome Moterfuckers (CCM), I Refuse It! e Traumatic (i pezzi dei Raw Power non compaiono nel cd per un questione di diritti) dovevano trovarsi in un vero e proprio stato di grazia.
Quella del Granducato era una delle scene più “americane” dell'hardcore italiano. Infatti molte band toscane cantavano in inglese – cosa gravissima all'epoca, sopratutto per le frange anarcho-punk vicine ai Crass – e amavano sperimentare nuove soluzioni musicali, rispetto al classico canone hc. Gruppi come gli I Refuse It! - nome in inglese ma testi in italiano – erano delle vere e proprie mosche bianche all'interno della scena. I loro testi erano claustrofobici, citavano film d'essai ed esprimevano una poetica unica, a tratti esistenzialista. Anche i CCM rappresentavano un mondo a parte. A volte erano stroppo ostici persino per chi ascoltava solo hardcore. Il loro suono abrasivo e violentissimo, accompagnato dalle performance massacranti del cantante Syd, ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'hc (non solo italiano). E poi c'erano i Putrid Fever, una delle band più legate al suono statunitense e tra i miei preferiti del Granducato, grazie a un approccio totalmente nichilista (e quindi molto punk), filtrato attraverso la lente massiccia dell'hc. Ecco, volevo parlare del disco e sono finito a disquisire dei massimi sistemi. Ma in fondo lo sapevo che non sarebbe stato facile scrivere lucidamente di questo doppio cd. Quindi mi avvio alla conclusione dicendo che, tra le band meno blasonate presenti in “Last white X-Mas”, quelle che mi hanno colpito di più sono gli Stato di Polizia, dissonanti al limite del noise pur con qualche breve sprazzo di melodia e gli A'fschlag, che non avevo mai sentito prima, con la loro disperazione sparata a mille all'ora, come un missile terra-aria.
In definitiva: mettendo per un attimo da parte l'enorme valore storico di questa raccolta – un'operazione meritoria che mi ricorda un altro ottimo doppio cd uscito recentemente: “Rock & metropoli”, il disco compilato da Stefano Gilardino e Luca Frazzi che fotografa il concerto del 23 novembre 1979 al Palalido di Milano, uno dei battesimi ufficiali della prima scena punk italiana – “Last white X-Mas” è una vera e propria leccornia, per tutti coloro che amano il suono feroce e brutale dell'hc italiano degli anni Ottanta. Se avete tra le mani uno degli album (o singoli) usciti all'epoca, ma anche una delle tante ristampe pubblicate negli ultimi 20 anni, noterete che la qualità sonora di questo cd targato Area Pirata non di discosta molto da quelle produzioni. Se poi qualcuno nutrisse ancora dei dubbi sulla bellezza di questo “oggetto” vi dico solo che il ricco libretto interno, oltre ad alcune note interessanti sul concerto (con testi in inglese di Chirs BCT e di alcune delle band presenti), raccoglie anche una serie di splendide fotografie in bianco e nero dell'evento. Un disco monumentale.

Lisa Beat e I Bugiardi – Dal tramonto all'alba
Che spettacolo questo 7'' di Lisa Beat e I Bugiardi appena pubblicato da Area Pirata! Tre pezzi di coloratissimo pop anni Sessanta, tra citazioni più o meno esplicite dei Question Mark & The Mysterians (l'hammond eccitante che guida le danze nel primo pezzo intitolato “Dal tramonto all'alba”), beat italiano purosangue (“Inutile piangere” sembra uscita da una serata al Piper) e cover da sballo come la travolgente “Little latin Lupe Lu”, scritta da Bill Medley, ma portata al successo dai Righteous Brothers. Un singolo tutto da ballare e da rimettere sul piatto senza sosta, impreziosito da una grafica super sixties davvero clamorosa. Se amate le melodie e i balli sfrenati al centro della pista ecco la band che fa per voi. 


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