domenica 21 luglio 2019

Un po' di recensioni a babbo 13 Parte 2/Frittura globale totale

Con un ritardo immenso ecco la seconda parte delle recensioni iniziate un mesetto fa. Sono lento, lo so, ma prometto, come al solito, che d'ora in poi mi darò una mossa. Anche perché vorrei scrivere un sacco di altre fregnacce su questo blog scalcinato.


Franco Zaio - Those important years
"Those important years" di Franco Zaio è uno dei dischi più belli che abbia ascoltato quest'anno. E non me ne importa niente che si tratti un album di cover suonato da un mio amico fraterno, in cui canta (in due pezzi) una carissima amica come Francesca Pongiluppi e che sia stato registrato da un altro super amico come Berna. Non è colpa mia se conosco gente speciale, che fa cose bellissime. Ciò che conta è che ascoltando queste 14 rivisitazioni acustiche di altrettante canzoni degli Husker Du - e cioè IL GRUPPO - la pelle d'oca sale veloce lungo le braccia e il cuore corre in gola come una macchina impazzita. E' davvero difficile capire se le emozioni fortissime che questo disco è capace di sprigionare sin dal suo primo pezzo (la maestosa "Standing in the rain") siano frutto dell'intesa interpretazione di Franco o siano la naturale conseguenza del fatto che gli Husker Du, in meno di dieci anni di vita artistica, siano stati capaci di scrivere una miriade di pezzi incredibili. Forse, come banalmente si dice in questi casi, sono vere entrambe le cose. Anche se la chiave di volta del disco è innegabilmente la voce di Zaio, più vicina alla dolcezza di Hart che all'irruenza di Mould, ma comunque lontanissima da qualsiasi maldestro tentativo di imitazione. "Those important years" è un tributo suonato - e soprattutto cantato - col cuore, da un ragazzo di 50 anni a cui "Warehouse" e "Zen Arcade" hanno letteralmente cambiato la vita. E infatti la scaletta pesca a piene mani da questi due dischi, ma anche da "New day rising" (con tanto di omaggio in copertina), "Flip your Wig" e "Candy apple gray": insomma gli Husker Du più melodici ed eccitanti, quelli del periodo di mezzo e del glorioso epilogo su major. Ma anche quelli capaci di erigere un muro di suono denso e psichedelico, che nella versione di Franco Zaio torna, invece, alle origini scheletriche voce-e-chitarra, senza perdere un briciolo di magia. Anzi, ascoltando "Those important years" si capisce benissimo come molte di questa canzoni siano nate, probabilmente, in questo modo: con Bob e Grant che imbracciavano la loro sei corde e, dopo aver bevuto un paio di lattine di birra del discount, buttavano giù una melodia e tre accordi sghembi (Norton intanto si lisciava i baffi a manubrio e si preparava un hamburger). Certo, nel disco ci sono anche arrangiamenti più complessi come in "Green eyes", dove spunta la chitarra psych-folk di Matteo Bocci dei Fenomeni e in "Book about Ufos", uno dei pezzi più belli di questo tributo, trasformato in una sorta di gospel indù, con tanto di sitar, suonato in onore della dea Shiva appena atterrata da Marte. E poi ci sono "Pink turns to blue" e "She's a woman (and now he is a man)" cantante entrambe da Francesca Pongiluppi: la prima con una voce dolorosa e in stato di grazia e l'altra in duetto con Franco, in un crescendo potentissimo. E poi "These important years" - uno dei miei pezzi preferiti degli Huskers - suonata con meno irruenza rispetto all'originale, quasi come se si trattasse di un'amara constatazione del presente, più che di una celebrazione di ciò che è stato; e ancora: "Sorry somehow", altra paela assoluta dell'album, con la voce di Franco che insegue la chitarra o la furia disperata e sonica di "Something a learned today". A chiudere il disco un brano giudicato a torto minore di "Warehouse" come "Bed of nails", qui trasformato in una cavalcata noise sporca e disturbante, grazie alla metal machine guitar di Berna e alla voce distorta di Franco, pronta a intonare l'apocalisse. Che dire? Se siete fan del Husker Du spero vivamente che dopo appena due righe di questa stupida recensione abbiate spento il pc o il telefonino e siate usciti di casa per cercare di procurarvi questo album bellissimo. Tutti gli altri, e cioè coloro che non sanno minimamente chi siano Mould, Hart e Norton, si vergognino e chiedano umilmente scusa.


N.I.A. Punx - N.I.A. Punx 1989-2019
Dopo la sberla di ristampe sull'hc italiano anni Ottanta, che negli ultimi 15-16 anni ha fatto conoscere alle nuove generazioni (e anche alla mia, che sta in mezzo tra i vecchi e i giovani) un po' di dischi fino a quel momento introvabili a prezzi umani, pare sia (finalmente?) arrivato il momento di riscoprire anche ciò che è successo immediatamente dopo quella stagione incredibile. Parlo del periodo che va dalla fine della scene hardcore (che collocherei intorno all'88) e arriva giusto un attimo prima dell'esplosione del revival punk di metà Novanta (1993-94 diciamo). Un momento storico particolare e molto sperimentale dal punto di vista sonoro, con band pronte a mescolare stili e generi diversi (punk, hc, ska e tanto altro, a volte persino dentro un unico pezzo) nel nome del "crossover" (quello vero, però, non la merda nu metal di fine Novanta). Tra questi gruppi difficilmente classificabili c'erano senza dubbio i N.I.A. Punx di Cosenza, dove N.I.A. sta per Nerds In Acid, che dall'89 al 2005 (anche se la prima formazione si è sciolta a metà Novanta) hanno rappresentato un vero e proprio punto di riferimento per la scena del sud Italia. A ristampare tutto il loro materiale (compreso il primo demo) è la solita e inarrestabile Area Pirata che ha stipato la bellezza di 23 canzoni in un sontuoso digipack dal titolo "N.I.A. Punx 1989-2019". Dentro trovate letteralmente di tutto, viste le tante direzioni musicali presa dalla band nel corso degli anni. Ci sono pezzi hardcore e brani più squisitamente punk, randellate metalliche e ballate power-rock. E anche i testi - quasi mai banali - alternano italiano e inglese, come succedeva spesso in quel periodo incasinato che erano i primi anni Novanta. Il disco parte con il combat punk-rock di "Voice of freedom" e "In ginocchio mai", che mostrano alla perfezione la dualità inglese-italiano di cui si diceva prima. Chitarre minimali, batteria suonata e mille, cori che esplodono in ritornelli a presa rapida: dentro i pezzi di questa raccolta c'è davvero di tutto, dall'oi! al punk 77 fino, come detto, all'hardcore furioso e metallico. I N.I.A. sono figli del loro tempo nel senso migliore del termine, erano ingenui e sinceri, ma anche potenti e capaci di scrivere pezzi trascinanti come l'esplosiva "No eroina". E se "Sdp" sembra uscita da un concerto del Virus e ricorda Impact e Wretched, "Last sacrifice" e "Questa città" suonano granitiche come l'hc di New York di fine anni Ottanta. "When I'll pass the limit" è invece una ballata power-rock dal retrogusto amaro e intrisa di blues, così come "Scendere a sud" (che è il suo contraltare in italiano), mentre più ci si avvicina alla fine del disco più ci imbatte in facili melodie flower-punk ("Power punk"), incursioni oi! ("Warriors") e pezzi di hc melodico anni Novanta con tanto di batteria tupa-tupa ("Suffer of children"). Una fotografia perfetta di un'epoca che sembra lontanissima. Che cos'è l'eternità se gli anni Novanta era tanto tempo fa?


Tab_ularasa - Faccia di fiori
Filastrocche ipnotiche e viaggi spaziali dentro scatole di biscotti arrugginite. "Faccia di fiori" di Tab_ularasa (pubblicato da Mondo Tarocco records con l'ormai inimitabile marchio di fabbrica della "sorella" Bubca) è ciò che dovrebbe essere oggi il punk: diretto, minimale, fastidioso, inclassificabile, sincero, ingenuo, urticante e povero. Un disco "rito propiziatorio", come lo definisce Luca Tanzini - voce, chitarra e mente dietro Tab_ularasa - che festeggia il solstizio d'estate, con 8 brani di musica fatta in casa con scope, mestoli, chitarre rotte e vecchi computer. "Goccioline", "Faccia di fiori" e "4 metri sotto terra" sono cantilene monotone e marziali, dal sapore ermetico e demenziale. "Pioggia e vento prosegue l'ondata di maltempo" è un pezzo strumentale che taglia in due il disco, grazie alla sua chitarra acustica affilata e meccanica. Con "Fatti un selfie" inizia la seconda parte dell'album, quella più sperimentale e krauta, che assomiglia alla colonna sonora di un film balenare per alieni. Pura psichedelia spaziale, sempre intrisa di poesia bambina ("Lo spaventapasseri"), ma con un sottofondo di sonar e carambole interstellari ("San Pietro"), che sapranno teletrasportarvi verso galassie lontane ("Mondo tarocco"). Un disco apparentemente eterogeneo, ma che conserva ha una coerenza di fondo fortissima. Quella di Tab_ularasa è musica marziana che viene da lontano e che non ha - per fortuna - alcun punto di riferimento.


AAVV - Asbestos sampler 2019
Suoni metallici e sconnessi, come una lama che cerca di forare l'acciaio. Lunghe cavalcate psicheliche e viaggi all'inferno senza ritorno. "2019 sampler", la compilation annuale di Asbestos Digt, ormai una vecchia conoscenza per chi frequenta questo blog e per chi ama la musica d'avanguardia più sghemba, dissonante e senza compromessi, è come sempre una miniera di suoni e sensazioni dannatamente inquietanti. "Lubna e Ranxerox (Instrument aginst time mix)" (che titolo, ragaz!) dei Legendary Gay Cosplayers (altro super nome!) - e cioè la prima traccia di questa raccolta pubblicata solo in digitale sulla pagina bandcamp della casa discografica - è una rasoiata di velenoso metal evoluto, intriso di suoni pastosi e ruvidi. "The Dentist" di Fabio Fazzi, invece, centellina una serie di note acquatiche e suoni lontani che si perdono nel tempo: una sorta di preludio all'arrivo del terribile trapano del dentista. Il terzo nome in scaletta è quello della Furnasetta - collettivo di cui ormai sono totalmente innamorato - che qui appare in collaborazione con Eljam. La lor "Mandik" è parecchio diversa dalle cose ascoltate finora e ci regala una melodia quasi esotica, mista a lamenti ed elettronica intermittente. Con "Reactive metal" di HgM ci troviamo di fronte a una nuova frontiera della psichedelia piuttosto rumorista, una sorta di contraltare della traccia seguente: "Ecstasy of Saint Terese" degli Outdoor Sex, che alla mistica sonica aggiunge un ritmo serrato da marcia funebre interstellare. I Dope in the Pig Bags, con la loro "The guide for the perplexed" sono puro "spippolamento", mentre Buckminister - M.A.I. (non ho capito se si tratti di due gruppi e o di uno solo) propone - o propongono - una sonata per violini in fondo agli abissi, come una sorta di orchestrina lisergica del Titanic poco dopo la collisione con l'iceberg. Il brano numero 8 è forse il pezzo più conturbante di questo sampler: "3" di Bosna, infatti, è una danza robotica e vagamente psichedelica alla Kraftwerk e alla Cunfusional Quartet. Le atmosfere cupe e spaziali tornano a fare capolino con "Night lady I'm here" di Leather Parisi & Lucy Mina, una lunga intro jazz metal strumentale che sembra quasi la colonna sonora di un film di guerra ambientato nella giungla di qualche pianeta sconosciuto. E se con "Mithlab" i Cubic Centimetre ci regalano un minuto e pochi spiccioli di rumorismo puro che lascia davvero poche tracce, a chiudere i conti di questa compilation a suo modo estiva della Asbestos ci pensano Girl In The Fridge e Little Boy Blue: dei cubisti del rock'n'roll, che scompongono il suono per riassemblarlo a caso, generando un'interessante ibrido di elettronica "a tentativi" (non saprei come definirla altrimenti) dal titolo "And Now For Something Completly Different". Qui trovate il link della compilation: https://asbestosdigit.bandcamp.com/album/various-artists-2019-sampler-asbestos-digit-64





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