E vabbè manco lo faccio più il cappello sul fatto che cercherò di scrivere con più costanza... tanto non ci credo neppure io. Daje, ecco qualche recensione 'a babbo...
No Strange - Mutter der erde
Sembra un manifesto di psichedelia bucolica "Mutter der erde", il nuovo disco dei No Strange pubblicato su vinile da Area Pirata. Dodici tracce fra rock progressivo, new age e musica antica, che guardano alle sperimentazioni più ardite degli Anni Sessanta e mescolano suoni crepuscolari e colori pastello. Composizioni - è proprio il caso di dirlo - che sembrano scritte per la colonna sonora di un film in costume, magari uno dei tanti Decameroni che andavano in voga una quarantina di anni fa ed erano girati con poche lire nelle campagne del centro Italia. Flauti e chitarre conducono le danze, ma sono tantissimi gli strumenti impiegati lungo i solchi di questo vinile. Le canzoni, preghiere laiche intrise di misticismo, hanno titoli programmatici come "Il profumo del bosco alto", "Un viandante tra le stelle" e "Madre della terra". Su tutte spicca l'intensa "Kilikia", una un brando che affonda le radici nella tradizione della musica araba, impreziosito dalla voce suadente della cantante armena Rita Tekeyan. Certo, a un primo ascolto, un album come "Mutter der erde" non sembra proprio pane per i miei denti (marci) abituati al rock'n'roll sporco e dissonante (e in parte è proprio così). Ma per chi frequenta certi territori musicali e ha seguito l'insolita, ma al tempo stesso solidissima storia dei No Strange - uno dei nomi di punta della nuova psichedelia italiana anni Ottanta, qui al quinto album dopo la reunion di 8 anni fa - questa raccolta di canzoni non può che rappresentare una nuova tappa nell'intenso cammino musicale di questa magnifica band torinese. Quindi: via i paraocchi, posate la puntina sul primo solco, abbassate le palpebre e preparatevi a iniziare un viaggio lisergico verso terre ed epoche lontane.
Orrendo Subotnik - Orrendo_1
Tredici minuti (e 41 secondi) d'odio. Dura meno di "Group Sex" e di un quarto d'ora accademico "Orrendo_1", il disco d'esordio degli Orrendo Subotnik, un gruppo di cui ignoro praticamente tutto e che mi è stato segnalato da Tommaso Salvini (che non credo proprio sia parente di Matteo...) con un messaggio privato su Facebook. Soltanto il fatto che mi abbia scritto "Ciao, ti ho chiesto l'amicizia perché ho scoperto, per caso, che sei tu il ragazzo di Hello Bastards. Se ti va bene, posso mandarti un link col disco del mio gruppo per una recensione a babbo?" mi ha fatto sciogliere. Naturalmente mi riferisco alla parola "ragazzo", che, alla mia veneranda età, ormai, me l'affibbiano soltanto i vecchietti in coda alle poste. E così, colpito al cuore, ho accettato di buon grado di ascoltare questo dischetto di punk rumoroso e urticante, che, per il momento, esiste solo in formato digitale. I 12 pezzi in scaletta durano una media di un minuto ciascuno, con deliziose punte da 39 secondi netti. I testi, in italiano, sono quasi impossibili da decifrare, essendo letteralmente sepolti sotto uno spesso strato di chitarra ferrosa e batteria martellante. La musica è un ammasso di suoni malati e minimali, un punk ridotto all'osso e velenoso che vi striscerà sulla schiena come una vipera impazzita. Un mix fra hardcore e garage, suonato con strumenti rubati alla Standa (che non esiste più, tra l'altro). Lungo i 12 brani del disco c'è spazio anche per una cover da paura come "Scemo" dei Peggio Punx, una della band cardine dell'hc italiano anni Ottanta. La dimostrazione lampante che la furia degli Orrendo Subotnik arriva da lontano e ha solide basi.
Santamaria - s/t
E' da una vita che voglio scrivere due parole sul primo disco omonimo dei Santamaria: quattro ventenni genovesi che, grazie al cielo, ascoltano e suonano punk-rock, come se fosse la loro unica ragione di vita. In questo cd prodotto da Flamingo Records - una delle migliori realtà punk italiane, tra negozio-rifugio e preziosissima casa discografica indipendente - c'è tutta la meravigliosa ingenuità di chi suona per divertirsi, ammazzare la noia e fare incazzare i propri genitori. I pezzi del disco sono ruvidi e melodici, veloci e sgraziati come quelli dei Crimpshrine e dei Corrupted Morals (chi se li ricorda?). Anche se dubito che qualcuno dei Santamaria sappia chi siano queste due storiche e misconosciute band californiane (anzi, spero proprio che sia così). Ascoltando questo delizioso dischetto sembra di essere tornati alla San Francisco di fine anni Ottanta-primi Novanta, quando la Lookout non era ancora il punto di riferimento del pop-punk americano, ma cercava solo di documentare una micro scena locale, che faceva capo al Gilman Street. Ecco, con le dovute proporzioni, mi sembra che Flamingo e Santamaria abbiano quell'attitudine lì. Musica da perdenti fatta con il cuore e senza starci troppo a pensare. Ogni canzone è un piccolo gioiello di urgenza, fatto di melodie sgraziate e zoppicanti, che rendono assolutamente unico e irripetibile questo disco. Un esordio coi fiocchi, insomma, e a mio insindacabile parere uno degli album punk dell'anno. Più lo ascolto (e lo avrò già sentito almeno 30 volte) più ci vado sotto.
Punx Xerox - Game Over
Io e Luca Tanzini, alias Tab_ularasa e un'altra miriade di progetti grafici e musicali stupendi - uno su tutti la mitica Bubca Records - ci vediamo una volta ogni due o tre anni, ma, per fortuna, ci sentiamo regolarmente. E quando la scorsa settimana, dopo una vita che non ci si beccava dal vivo, è venuto a suonare a Genova, è stato così gentile da regalarmi un sacco di musica bellissima. Il primo disco che ho messo su quando sono arrivato a casa è stato "Game over" di Punx Xerox, uno dei suoi progetti più interessanti, figlio delle pulsioni cosmiche e kraute di Luca. Una viaggio musicale nello spazio, che mescola elettronica minimale e analogica a rumori ed effetti vari. Non sono molto ferrato in materia, ma quando infilo il cdr di Punx Xerox nello stereo: spengo le luci e mi abbandono sulla mia vecchia poltrona da anziano, pronto a partire per galassie sconosciute. A differenza di "Broken", il disco precedente questo "Game over" è in alcuni tratti più "giocattoloso", come direbbe Giorce. Un pezzo come "Buttero", per esempio, che supera la soglia dei 14 minuti, sembra il resoconto di una partita a videogame giocata tra Marte e Saturno. Il resto del'album, parliamo di cinque tracce in tutto, con lunghezze che vanno dai 4 ai 6 minuti (senza contare i già citati 14 minuti di "Buttero") viaggia tra nebulose soniche e lunghe cavalcate strumentali, dove la stella polare sono i Kraftwerk, ma anche certe atmosfere cupe da periferia metropolitana.
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