giovedì 14 settembre 2017

Ti ricordi Grant Hart?

Questa merdosa giornata di fine estate, carica di nuvole gonfie, s'è portata via Grant Hart degli Husker Du, uno dei miei eroi musicali di tutti i tempi o più semplicemente uno dei dieci artisti che hanno influenzato di più la mia vita. E lo dico dal punto di strettamente personale, naturalmente, visto che non sono né un musicista, né un poeta, né uno scrittore. Grant Hart - insieme a Bob Mould e Greg Norton - ha sconvolto la mia esistenza a partire dal giorno in cui, a 16 anni e senza troppa convinzione, ho comprato il cd di "Warehouse" al Music Store. L'avevo preso solo perché i Green Day non facevano altro che citare gli Husker Du come una delle loro più grandi fonti di ispirazione. E se devo essere sincero non fu amore al primo ascolto. Però nel giro di pochi mesi e provando a recuperare anche il resto della discografia della band, mi sono lentamente e inesorabilmente innamorato di un suono che ancora oggi fatico a decifrare, ma che adoro. In un certo senso è stato come quando, da ragazzino, ho assaggiato per la prima volta la birra: all'inizio, abituato com'ero a bibite zuccherose e appicicaticce, mi era sembrata una roba strana, amara e quasi imbevibile. Poi sappiamo tutti com'è andata...
Gli Husker Du sono il mio gruppo preferito insieme ai Clash, perché, come Strummer e soci, mi hanno accompagnato lungo tutto l'arco della mia vita "vera" (dai 14 anni in su, anche se gli Huskers sono arrivati poco dopo). Senza stare a fare troppo il retorico, queste due band hanno forgiato la persona che sono oggi. Nel bene e nel male. E così, quando questa mattina ho letto della morte di Hart, che non era solo il batterista e cantante saltuario, ma era anche uno dei due maggiori compositori del gruppo, mi sono sentito letteralmente mancare la terra sotto i piedi. Sono rimasto intontito per qualche secondo e poi (per un momento) ho pianto.
Grant Hart è morto a 56 anni nel silenzio quasi totale della stampa mainstream. Al massimo si è guadagnato qualche citazione sui siti dei quotidiani italiani, con pezzi scopiazzati da Wikipedia o scritti senza troppo entusiasmo. Eppure la maggior parte della musica rock che abbiamo ascoltato dagli Anni Novanta a oggi ha un grosso debito nei suoi confronti e più in generale verso gli Husker Du. Anche se ci sono milioni di persone che ascoltano e consumano i dischi dei Nirvana e dei Foo Fighters, purtroppo, pochi di loro sanno che le fondamenta di quel suono si devono proprio a questo magico trio di Minneapolis, che una trentina di anni fa mise le basi per quelli che sarebbero stati il grunge, l'indie e il rock "alternativo" dei decenni a venire. Tra le altre grandi cose che gli Husker Du sono riusciti a fare in neppure due lustri di carriera, c'è anche l'aver sdoganato, presso il grande pubblico, un modo nuovo di intendere il rock'n'roll, visto che Mould, Hart e Norton sono stati i primi del giro post-hc e indie degli Anni Ottanta a firmare con una major, aprendo la strada a tante altre band (i Rem su tutti) che hanno fatto la storia della musica. A differenza di Stipe e co., però, non sono mai diventati ricchi e famosi. Anzi, si sono presi gli insulti all'epoca per aver lasciato la SST per la Warner e sono finiti a dover sbarcare il lunario facendo un po' di tutto per tirare a campare. E oggi sono poco più che un piccolo culto, maledizione.
Dopo lo scioglimento degli Husker Du, avvenuto in modo piuttosto tempestoso nell'87 (di mezzo c'è stato anche il suicidio del loro manager), Hart è stato il primo dei tre a pubblicare qualcosa. Prima un singolo davvero niente male ("2541") e poi un album solista meraviglioso, "Intolerance". Nei primi Anni Novanta il nostro ha provato anche a mettere su una band: i poco fortunati Nova Mob, con cui ha abbandonato la batteria per fare finalmente il frontman. Con questo nuovo progetto (una sorta di gruppo parallelo agli Sugar di Mould) ha inciso due album: il primo, "The last days of Pompeii", piuttosto interessante anche se lontano dalle vette di "Intolerance" o degli Husker Du e il secondo, omonimo, meno ispirato, ma tutto sommato accettabile. Poi sono arrivati i dischi solisti, sempre più incasinati e pretenziosi, con alcune perle incredibili, ma anche qualche passo falso. Parliamo di pochi album, in realtà ("Good news for modern man", "Hot wax" e "The argument"), intervallati fra loro da parecchi anni di silenzio.
Hart è sempre stato un tipo molto incasinato; aveva conosciuto prima Greg e poi Bob in un negozio di dischi a Minneapolis. Amava i Ramones, ma anche la musica psichedelica degli anni Sessanta. Negli Husker Du, dopo la fase furiosa dei primi anni, era diventato l'anima più poetica e melodica. Era quello, tanto per capire, che sapeva scrivere e cantare i brani più pop della band, senza alcuna paura di osare. Quando gli Huskers erano all'apice della loro carriera underground, Hart si era infilato in storiacce di droga e aveva iniziato un duro braccio di ferro con Mould sulla direzione musicale che avrebbe dovuto prendere la band. Ormai, soprattutto negli ultimi due anni di vita, il gruppo era diviso in due: Mould da una parte e Hart dall'altra, mentre Norton cercava faticosamente di fare da paciere. Chi li ha visti a Torino in quella magica data italiana dell'87, poco prima dello scioglimento, racconta che fra il chitarrista e il batterista c'era un gelo totale. Non si guardavano neppure in faccia. Hart era sempre stato quello più "ribelle" e spigliato, mentre Mould era quello introverso e riflessivo. Due prime donne che faticavano a convivere fra loro. Non a caso "Warehouse", l'ultimo lavoro della band, è un album doppio che contiene in realtà due dischi distinti e bellissimi: uno di Hart e l'altro di Mould, che erano arrivati al punto di dividersi equamente le canzoni da scrivere e da cantare. Come sempre i pezzi del chitarrista sono quelli più duri e disperati, mentre i brani di Hart suonano più melodici e "allegri", pur conservando una vena di malinconia da fine del mondo. Un dualismo talmente forte da generare una frattura che i due si sono portati dietro per tutta la vita. Anche se pare che nell'ultimo periodo ci fosse stata, almeno a livello umano, una sorta di riconciliazione. Le parole che Mould ha scritto oggi sulla sua pagina Facebook a proposito della morte dell'amico sono senza dubbio una conferma di questo timido riavvicinamento fra i due.
Hart pare che se ne sia andato per un cancro che lo stava divorando già da qualche mese. Ma non ne so molto, a essere sincero. Avevo letto che proprio poco dopo lo scioglimento degli Huskers gli era stato diagnosticato, per errore, l'Hiv. I medici si erano sbagliati e quando Hart aveva saputo di essere sano era quasi rinato (e ci credo bene, cazzo!). Questa volta, invece, è tutto vero e anche la notizia di stamattina, o forse ormai dovrei dire di ieri vista l'ora, inizialmente sembrava una bufala. Pareva davvero assurdo che potesse accadere una cosa del genere; soprattutto che fosse successo così all'improvviso e proprio pochi giorni dopo l'annuncio dell'uscita, a novembre, di un mega cofanetto con alcuni inediti degli Husker Du, che in tanti avevano accolto come il primo passo verso una possibile reunion. E invece Hart è morto. E con lui s n'è andato via per sempre un pezzo della mia vita. E' successo così, all'improvviso e senza neppure bussare alla porta.


1 commento:

  1. Sottoscrivo tutto con la differenza di età che mi ha permesso di vedere gli Husker Du a Torino nell'87...https://zaio.blogspot.it/2017/09/ciao-grant.html

    RispondiElimina