martedì 28 giugno 2011

Quando mi incazzo io

Quando ho letto che Vasco aveva deciso di appendere il microfono al chiodo ho esulato. E non solo perché mi sono rotto le palle di Vasco (in realtà non mi è mai piaciuto a parte qualche pezzo degli anni Ottanta) o perché mi abbiano fatto incazzare le sue ultime dichiarazioni sul referendum e su Berlusconi (che idiota…). Il vero problema è che gente come Vasco deve piantarla e basta. Parlo di tutta quella manica di ultracinquantenni o sessantenni che ci stanno fottendo il futuro e prendono cinque volte il nostro stipendio facendo la metà del lavoro che facciamo noi. Di quella gente del cazzo che non vuole mai andare in pensione, neppure quando potrebbe. Di quella cazzo di generazione di sessantottini che ha preso il poter 40 anni fa e ancora non l'ha mollato. E nella musica è la stessa cosa. Con il problema ulteriore che in Italia non esiste alcuna alternativa ai soliti noti di cui Vasco è l'emblema. Qualche anno fa quel coglione di Zucchero disse una frase che riassume piuttosto bene il pattume musicale e sociale in cui è immerso il nostro Paese: "Io sono il blues, Vasco è il rock e Eros è il pop". Mavaffanculo. Ma che cazzo dici? Non è possibile che esista ancora della gente che pensi che la musica sia solo questi quattro cialtroni del cazzo che passano in tv o alla radio. No, merda, non è possibile. Perché poi mi ci incazzo davvero. Mi va in pappa il cervello. E comincio a sclerare. C'è un mondo là fuori. Decine di band che suonano canzoni fantastiche. Dischi che sanno farti emozionare, che ti prendono a calci e che sono in grado di aprirti il cervello come una scatoletta di tonno. Gente di vent'anni, di trenta o di quaranta che suona pop, blues e rock (tanto per rentare dentro ste cazzo di tre categorie) che bolliti come Eros, Vasco e Zucchero gli piscia nel culo. Letteralmente. E allora non mi fate incazzare. Prendete coraggio e saltate il fossato. Basta questa merda. Basta questo piatto mondo di musica inutile. Cazzo!

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